ANDREA OLIVERI
Con la caduta del fascismo e l’annuncio dell’armistizio chiesto l’8 settembre 1943 da re Vittorio Emanuele III agli alleati anglo-americani al fine di salvare in extremis l’istituto monarchico, compromesso da vent’anni di complicità con i crimini del regime fascista, si apriva per l’Italia un periodo drammatico caratterizzato dallo sfascio generale del Paese, dalla totale latitanza delle istituzioni e dallo sbandamento dell’esercito. Gli italiani dovevano scegliere se accettare passivamente il susseguirsi degli eventi o se optare per il riscatto dopo un ventennio di dittatura. È dalla scelta del riscatto di chi contrario o lontano dal regime e desideroso di sottrarsi ad una guerra ingiusta, che nascerà il movimento della Resistenza. In particolare, furono le classi operaie e contadine ad orientarsi verso una forma di lotta insurrezionale, al fine di gettare le basi di una società diversa, libera e democratica.
In quell’autunno del 1943 la città di Savona e i suoi dintorni erano stati occupati da gruppi militari tedeschi, tuttavia, contemporaneamente, alcuni soldati italiani avevano deciso di lasciare armi e divisa per unirsi ai primi gruppi composti da militanti antifascisti, intellettuali, operai e giovani che volevano sfuggire all’arruolamento nell”esercito della Repubblica di Salò.
Questi primi nuclei partigiani presero presto la via dei monti, affrontando grandi difficoltà per mancanza d’esperienza militare e scarsa disponibilità di armi e viveri. Uno dei primissimi gruppi resistenti si era formato, già nel settembre ’43, nei territori di Montagna e Roviasca, sulle alture di Quiliano, ma non si trattava ancora di svolgere operazioni di guerriglia armata, piuttosto di prendere conoscenza col terreno e le popolazioni locali. Proprio la gente che abitava quei luoghi, stretta tra boschi di castagni, modesti borghi e cascinali contornati da magri orti, uliveti, frutteti e miseri pascoli, lavoratori umili e poveri sia di risorse come di parole, in linea con l’indole dei montanari delle Alpi Liguri, sarà tuttavia la prima ad accogliere, sostenere, dividere rischi e fatiche e quel poco che disponeva con i fuorilegge ribelli.
In tutto il territorio ligure, hanno combattuto, tra il 1943 e il 1945, circa 35mila partigiani, suddivisi, nella zona di Vado Ligure-Quiliano, in operai (54%), apprendisti (8%), agricoltori, contadini, studenti medi e universitari, casalinghe (5%) e manovali (4%); a Savona si registrarono anche impiegati, artigiani e persone con nessuna professione o arte o mestiere.
Erano uomini a tutto tondo i partigiani, non solo ‘di parte’, con un alto senso del dovere e un forte attaccamento al proprio paese e ai sentimenti di uguaglianza e di dignità umana. E non necessariamente italiani: infatti, numerosi furono i combattenti stranieri che presero parte alla ‘guerra civile’ contro tedeschi e fascisti, come i diciannove russi in forza nella Divisione Bevilacqua reclutati dal comandante dell’esercito sovietico Nicolaj Sibika e l’ingegnere polacco Hermann Wygoda, per tutti ‘Enrico’, comandante della stessa dalla data della costituzione.
C’era posto per tutti nelle squadre partigiane, dove ognuno era chiamato a fare il proprio dovere in virtù d’un obiettivo comune, a fianco di uomini che non voltarono la faccia, ma che ebbero il coraggio di guardare negli occhi il proprio destino senza paura, garantendo a tutti i cittadini il ripristino di quelle libertà e di quei diritti fondamentali calpestati per ventiquattro lunghi anni e che sono ancora oggi alla base della Costituzione.
FONTI:
Aa.Vv., Savona in guerra (1940-’43) /(1943-’45). Militari e civili di Savona caduti durante il secondo conflitto mondiale (a cura dell’ISREC) (Marco Sabatelli Editore, Savona 2013)
A. Lunardon, La resistenza vadese (Marco Sabatelli Editore, 2005)
N. De Marco, G. Ferro, La Grande Storia della Resistenza Savonese 1943-1945 (A.N.P.I Legino, Archivio Partigiano Ernesto) (Coop Tipograf, Savona, 2005)
R. Bardello, E. De Vincenzi, Savona Insorge (Ars Graphica, 1972)
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