In fase di riapertura, il direttore tecnico e vicepresidente del Volley Massimo Zunino è pronto a sfidare le conseguenze della pandemia. Grinta, impegno, passione e, soprattutto, altruismo. Metodi vincenti nello sport e nella quotidianità.
SABRINA ROSSI
Riapertura, come la affronterete?
“È una situazione nuova, come è nuovo anche il nostro Consiglio Direttivo rinnovato da pochi mesi. Sono stato giocatore del Quiliano in gioventù e avendo due figlie che giocano attualmente qui mi sono fatto coinvolgere in questa avventura. In questo periodo le atlete sono rimaste in contatto per amicizia, ma anche per allenamenti virtuali. Le abbiamo coinvolte in videolezioni di attività fisica con allenatori e tecnici su Skype, ma ha funzionato in parte e con molte difficoltà a causa della lunga clausura. La stiamo vivendo con tutte le difficoltà del caso. La Federazione non si è ancora espressa sulle norme da rispettare, ma forse ci sono spiragli. Andiamo però verso una stagione calda, quindi la nostra palestra di Valleggia potrebbe essere usufruibile con spazi limitati per ogni giocatrice per attività fisica senza palla, ma diventerebbe tutto più problematico a causa delle temperature elevate. Si pensava perciò di fare qualche attività all’aperto nel limite del possibile. Ci confronteremo con tutto il nostro team di collaboratori per decidere ed organizzare gli allenamenti nell’immediato, ma anche in vista della prossima stagione”.
Cambia la preparazione? Due mesi di stop non significa due mesi di non agonismo, ma proprio due mesi di fermo totale. Anche il fisico cambia in modo sensibile.
“Siamo più preoccupati infatti dal punto di vista fisico piuttosto che tecnico. Parlandone anche con il capo allenatore Antony Miele, ci saranno senz’altro carenze e difficoltà nello svolgimento degli allenamenti fisici individuali, perciò si dovrà lavorare molto su questo aspetto. Purtroppo le limitazioni e le perplessità non mancheranno. La pallavolo è stata considerata come uno degli sport più a rischio contagio, come tutti gli sport di squadra, perciò si dovranno fare allenamenti individuali senza poter stare sotto rete e senza palla. Siamo comunque pronti alla ripartenza e con più determinazione di prima per recuperare il tempo perduto. Questo è ciò che lo sport insegna”.
La componente sociale del gruppo è fondamentale: gli sport di gruppo servono a cementare le amicizie, i rapporti. Il contatto fisico anche fra compagni di squadra è determinante come collante. Verrà a mancare?
“Purtroppo sì, mancherà il contatto umano. Anche se ci sono stati tutti i social e le piattaforme a darci supporto in questa lunga fase, nulla sarà mai paragonabile a un contatto fisico, un abbraccio, una stretta di mano. Siamo una società piccola, sono quasi tutte ragazze del territorio e che quindi si conoscono da parecchio tempo, magari per aver frequentato la stessa scuola. Hanno tra loro un legame molto forte”.
Dal punto di vista psicologico, saranno atlete più forti o avranno bisogno di un supporto emotivo?
“Sicuramente avranno bisogno di un supporto e di un incoraggiamento. È una questione che abbiamo affrontato con il nostro gruppo dei dirigenti ed allenatori. Prendo come esempio personale le mie figlie, hanno reagito fortunatamente bene di fronte all’emergenza COVID-19 però si sono un po’, non dico impigrite, ma adagiate in casa e quindi ci sarà sicuro bisogno di spronare nuovamente le atlete. Un intervento magari da parte degli allenatori per motivarle e per farle convivere con questa nuova realtà. Senza nulla togliere ad altri problemi che ci possono essere, come le difficoltà economiche delle famiglie. Noi come Società abbiamo restituito le quote già pagate oppure abbiamo messo in conto di tenerle da parte per l’iscrizione dell’anno nuovo per venire incontro alle loro difficoltà. Supporto, aiuto, affrontare le difficoltà insieme. È anche questo il vero gioco di squadra”.
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