Come era la scuola una volta? Stiamo cercando di ricostruire qual era l’atmosfera di una scuola di paese, anzi di una frazione come Cadibona, un tempo.
Ci aiuta in questo esordio Floriano Pizzo, architetto che vive un po’ a Savona e un po’ a Roma. La sua carriera lo ha condotto nell’Olimpo del design (docente di design, libero professionista e consulente per il disegno dei prodotti Voxson S.p.A Radio e Televisione), ma ha conservato la stessa curiosità di quando bambino andava a cavalcioni di una bomba inesplosa a Cadibona o rubava i fucili ai tedeschi in fuga. La sua storia in questa frazione è prevalentemente durante la guerra e subito dopo, quando sua madre, (Madre come ancora lui devotamente la cita) era una delle due maestre di Cadibona.
Floriano Pizzo oggi ci ha dedicato un po’ del suo tempo frugando nei ricordi e scrivendo per noi la storia e le vicende di quegli anni, quando a Cadibona la ferrovia non era ancora ultimata, si faceva scuola lungo lo stradone, cadevano le bombe ed era un via vai di soldati in armi.
FLORIANO PIZZO
La linea ferroviaria per il Piemonte era, in questa zona e prima del Conflitto a un buon punto di finitura. Mancava solo la posa dei binari, le gallerie e il piano del ferro erano terminati. Il piano era solido e libero da pietrame o altro. L’entrata della prima galleria era subito dopo il ponte in pietra, che si trovava prima del paese. In quel punto c’era un casello che si raggiungeva dalla vallata che partiva dallo spiazzo del paese, detto Aia, e si sviluppava lungo la strada per Monte Ciuto proprio sotto il Cimitero. Alla sua uscita a nord, iniziava un lungo tratto all’aperto che costeggiava tutto il “centro ” del paese e terminava con la seconda galleria che sbucava sotto il Bricco, e dopo un più breve percorso scoperto entrava nella terza galleria, breve, che, immetteva nell’ultimo tratto scoperto, il più corto che finiva nella quarta galleria sotto Longagnini. Non ricordo quando i Tedeschi arrivarono, L’ 8 settembre 1943 ci sorprese a Cisano sul Neva, ospiti di mia nonna paterna. Assistetti al loro arrivo lì, la notte, tutti in casa, terrorizzati ma senza vederli, sentimmo solo i loro motori. Quando ritornammo a Cadibona dopo un avventuroso viaggio in corriera sino ad Albenga e in treno sino a Savona, per poi riprendere una corriera (un’intera giornata di viaggio), trovai i Tedeschi già “sistemati”.
Avevano appunto occupato la linea ferroviaria. Nel pianoro avevano costruito una serie di casette in legno a un piano, con tetto a due falde, distaccate dal suolo di circa 40 cm. Ricordo belle e nuove. Nella seconda galleria, a nord, avevano chiuso tutto l’ imbocco con una paretona di tavole in legno. Dentro ci tenevano armi e munizioni, viveri, oltre cavalli e carri. Il pane comunque era subito fuori. Era come un blocco di circa 3 metri per 4, alto 2 metri e mezzo, formato da pani di circa 15 cm. x 15 x l metro e trenta. Era pane nero e quello esterno era coperto di muffa verde.
Questa zona, che oltretutto vedevo a volo di uccello da un balconcino da casa mia, era facilmente raggiungibile da un sentiero molto frequentato anche dai soldati, che scendeva dallo stradone sulla testata della seconda galleria e che poi proseguiva verso una cascina.
Naturalmente il tutto mi incuriosiva e spesso scendevo indisturbato tra i soldati a curiosare e a rubacchiare oggetti vari. Mi piaceva anche un loro caratteristico odore, penso di lubrificante di munizioni. Quello che “recuperavo”, lo portavo “a casa “. Noi abitavamo nell’aula scolastica, dove mia madre vicino alla cattedra aveva la stufa che usava anche per cucinare. C’era anche un balcone, l’unico del centro del paese. Mia madre, ritenendo le pallottole, polveri e gli oggetti vari, anche pericolosi da conservare con più sicurezza e li metteva direttamente sul balcone che ormai era strapieno.
Una volta un ufficiale vide dalla strada tutta quella mercanzia e urlò a mia madre che deteneva oggetti da guerra. Mia madre spiegò il problema e fortunatamente si limitarono a mandare dei soldati a prelevare il tutto, dietro le mie più vive rimostranze!
Riuscivo ad entrare anche nelle loro camerette-cuccette a più piani.
Anzi, un giovane soldato mi voleva insegnare il tedesco e mi ospitava nel suo buchetto. Il tutto finì con un severo rimprovero di un ufficiale verso il militare. Mi resta un curioso prontuario tascabile bilingue, antesignano delle attuali guide turistiche che il giovane soldato mi regalò e che ancora conservo.
Il testo è molto ricco, sia socialmente che militarmente perché descrive con dettagliati disegni: armi, luoghi, gradi militari, etc.
In occasione di una loro ricorrenza, arrivò anche uno spettacolo circolante per le truppe che si svolse mi pare nella galleria 1. Non so come mi intrufolai e lo vidi tutto. Era uno spettacolo di rivista con balletti, belle donne e battute pesanti che io non capivo ma sentivo le loro risate.
In un’altra ricorrenza, mi pare nella galleria 4, ci fu una grossa festa, con anche parecchi abitanti locali e soldati italiani.
Trasmisero un film documentario sulle nostre vittorie in Africa. La galleria era piena di stalli con i loro cavalloni da tiro. All’uscita tutti applaudivano e cantavano inni vari. Io tra la folla ebbi la sensazione di venire improvvisamente scostato. Subito dopo mi stavo girando e sentii sul volto un forte colpo e svenni. Un cavallo impazzito, cercando di scavalcarmi mi colpì da dietro. Mi fu poi detto che essendo io tutto sporco di fango si temeva il peggio e mia madre, avvertita corse da me disperata. Mi svegliai su una barella tedesca che mi portava in un sentiero al loro ospedaletto da campo con a fianco mia madre piangente. Fortunatamente non ebbi conseguenze. Stetti a casa a letto con i labbroni molto gonfi e nessun ulteriore danno.
Un altro episodio che ricordo era accaduto all’ingresso della galleria 1, vicino al ponte (minato con chiare scritte “Achtung Minen”). Da lì partiva una strada carrabile che collegava il paese alla ferrovia arrampicandosi nel vallone, allora fitto di castani, che divide a V la Statale per Savona dalla strada che andava al forte di Monte Ciuto. Qui, ogni tanto venivano fatte esercitazioni di combattimento con proiettili di balsa rossi, che creavano comunque feriti (ricordo un soldato che camminava sull’aia, con un moncherino sanguinante, probabilmente una bomba a mano).
Capitai quindi al casello ferroviario di partenza dalla galleria e vi trovai un anziano e bonario militare che aveva in quel momento un triste compito. Doveva abbattere un bel cavallone che era ferito. Cercai di evitare l’evento, anche piangendo, ma lui mi allontanò con tristezza e quando salivo verso il paese sentii il colpo di fucile.
La presenza dei tedeschi in paese era caratterizzata dai “Posto di blocco” . Uno era vicino alla Chiesa. Proprio sotto il Monumento ai Caduti. Era un grosso blocco di cemento dal quale partiva un’asta che si abbassava su un altro grosso blocco posto dall’altro lato dello stradone, a 60 centimetri. circa dal portone di ingresso di quel palazzone ancora esistente, occludendone quasi l’ingresso ! Ma oggi ho notato che questo ingresso è stato spostato! Era il luogo più “mondano” del paese. C’era un incessante movimento specie verso nord di camion, autobotte e carri, controllati da soldati tedeschi armati. Noi ragazzi ci venivamo spesso a osservare, commentare e ridacchiare . Facevamo anche scherzi stupidi. Mettevamo oltre il passo, degli escrementi in pacchetti ben confezionati e qualche contadino col carro ci cascava…
Li vicino c’erano di negozietti, panettiere, fruttivendolo. Più in sù c’era un osteria proprio sotto il balcone della aula-abitazione. Era parecchio frequentata. Ricordo “lo scemo del paese “ che si permetteva pesanti battute sui tedeschi e tutti, loro compresi, ne ridevano e commentavano. Era il solo a poter parlare liberamente!
La domenica mattina facevo il chierichetto, a turno con altri bambini. Il Parroco, don Curioni era alto e severo, molto rispettato. Aveva un aiutante, un giovane pretino vivace, che poi divenne parroco a Montemoro, dopo la guerra, e una vecchia perpetua.
Il parroco abitava sulla destra della Chiesa, su un piazzaletto in salita, dietro ad un edificio sulla strada. Lì avevano piazzato un cannone che copriva tutto il rettilineo dello stradone prima del paese. Una volta assistetti ai tiri verso gli aerei sopra Savona. Ricordo una Messa con solo truppe tedesche. Nel coro, ai due lati dell’Altare sedevano gli ufficiali, i soldati erano molto composti e riempivano la chiesa. Nella tarda mattinata gli ufficiali, eleganti e su bei cavalli facevano visita ai locali amici. Li ricordo al Bricco.
Nell’agosto del 1944 la popolazione fu invitata a scendere tutta nelle gallerie per il pericolo imminente di un grosso bombardamento. Che io ricordi, tanti scesero e la galleria 2 era piena. Rimanemmo credo due giorni. Ci dettero da mangiare della minestra con lo zucchero e qualcuno si lamentò. Una mattina sul tardi improvvisamente caddero le bombe. Mia madre in quel momento non c’era e io e mia sorella, di tre anni più piccola, eravamo stati affidati ad una signora amica. Ricordo una bomba che colpì l’uscita a nord della galleria, provocando la distruzione del tamponamento in legno ed una fortissima corrente per lo spostamento d’ aria. Io, ammassato tra la gente terrorizzata e dolente e che mi urlava di sdraiarmi per terra, mi facevo scrupolo perché mia madre non voleva che mi sporcassi il vestito, e quindi rimasi carponi. Non ricordo quando tornò mia madre.
Qualche tempo dopo, arrivarono sull’ Aia dei soldati italiani feriti dal bombardamento del Forte di Monte Ciuto, da me sino allora mai sentito nominare. I camion arrivarono dalla strada del cimitero tra un gran movimento e grida della gente e dei tedeschi che si premurarono ad assisterli.
Di quella strada conoscevo solo il tratto sino al posto di blocco vicino a Fontanetta. Ci andammo con un amichetto una volta a curiosare e sopra la strada scoprimmo un luogo pieno di trincee e cannoni molto grossi rivolti verso la costa. Chiacchierammo amabilmente con i soldati che ci spiegavano i pezzi.
Un ricordo in cui sentii inveire e borbottare dalla gente (me compreso, che dissi” che li avrei messi tutti in una fossa”) contro i tedeschi fu ad un funerale, per la uccisione , di un ragazzo di circa 18- 20 anni, che abitava all’Aia. Era un tipo scontroso e che non legava con noi bambini. Spesso la madre lo sgridava forte. Venne riportato, cadavere, al cimitero e deposto nella camera mortuaria. I suoi coetanei e conoscenti lo andarono a vedere, io mi accodai ma quando loro entrarono nel piccolo locale, mi rimandarono fuori ed io cercai di ascoltare e sbirciare. Sentii che fu colpito da un proiettile alla gola. La versione tedesca mi sembra fosse: “faceva contrabbando in zona Altare”.
Negli ultimi tempi, credo alla fine del ’44, la situazione s’incupì. I soldati tedeschi non erano più tanto giovani e circolavano con la loro divisa dolenti, uomini di varie origini che si lamentavano e facevano vedere foto dei loro famigliari con commenti tipo “kaputt”.
In quei giorni gironzolando nel vicoletto dietro all’Aia, a strapiombo sulla ferrovia, dentro un vecchio pozzo secco, vidi un bel fucile tedesco . Era un oggetto che avevo sempre ammirato e ritenevo migliore di quelli italiani. Contento, mi ripromisi di portarmelo via appena potevo. Tornai la sera o il giorno dopo, ma il fucile non c’era più.
E un bel giorno trovai tutte le truppe tedesche allineate sullo stradone, con i loro mezzi, ricordo forse anche un carro armato. Erano in attesa di andarsene verso Savona. I locali osservavano e la cosa non aveva evoluzioni, anzi durò a lungo e vedevo i soldati chiacchierare tra loro con tono preoccupato. Per osservare meglio lo spettacolo c’era il sagrato della Chiesa che dominava la strada. L’attesa comunque fu lunga e tranquilla. Alcuni salutavano i militari con calore, ricordo una donna che regalò loro una torta.
La scuola a Cadibona 2) continua
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