Pianta natalizia per eccellenza, impollinato dalle api, diffuso da tordi e merli, può vivere fino a 300 anni. Amato dai Celti e dai Romani..
Agrifoglio
Le piante della tradizione natalizia quilianese
COMUNI: Agrifoglio, alloro spinoso, pungitopo maggiore.
NOME SCIENTIFICO: Ilex aquifolium
NOME DIALETTALE QUILIANESE: Agrifoeggiu, Aufoeggiu, (viscu).
FAMIGLIA: Aquifoliaceae
DESCRIZIONE DELLA SPECIE
Si tratta di un piccolo albero o arbusto sempreverde, dal tronco grigio-nerastro a corteccia liscia.
Le foglie, coriacee, sono di un verde intenso e lucente e forma irregolare: quelle dei rami inferiori hanno lamina ovale o ellittica ondulata terminante con una spina aguzza all’apice e margine dentato spinoso, mentre in quelle dei rami superiori il margine si presenta liscio, con unica spina apicale. Le spine rappresentano per la pianta una difesa naturale nei confronti degli erbivori, per questo motivo sono maggiormente presenti nei rami bassi.
L’agrifoglio è pianta dioica, cioè esistono esemplari che portano solo fiori femminili ed altri solo maschili. I fiori sono piccoli, bianchi e con quattro petali leggermente orlati di rosso. Quelli maschili portano quattro stami, quelli femminili un pistillo con ovario.
La fioritura avviene in primavera, mentre i frutti giungono a maturazione nell’autunno e permangono sulla pianta anche fino a tutto l’inverno.
I frutti, portati dalle piante femminili, sono drupe globose di un colore rosso vivido, contenenti da 3 a 5 noccioli.
In condizioni favorevoli un agrifoglio può vivere fino a 300 anni e il tronco può raggiungere un diametro di 50 cm. L’impollinazione è effettuata prevalentemente ad opera delle api, mentre la diffusione dei semi avviene grazie a tordi e merli.
HABITAT
L’agrifoglio predilige le faggete, ma si può trovare anche nei querceti. Ama la media luce e i suoli ben drenati ricchi di humus, ad un’altitudine che va dal livello del mare fino ai 1400 m circa.
PROPRIETÀ OFFICINALI
Si riportano di seguito le notizie relative agli usi medicinali dell’agrifoglio a puro scopo informativo. Gli studi attuali hanno infatti sancito che si tratta di specie ad elevato livello di tossicità, per cui va esclusa dall’elenco delle officinali.
In passato l’agrifoglio era utilizzato per le sue proprietà febbrifughe. L’azione febbrifuga e tonica è dovuta ad un glucoside amaro, l’ilicina, la cui quantità nelle foglie è molto elevata nel periodo precedente la fioritura. Questa sostanza ha anche effetto espettorante e decongestionante.
L’utilizzo delle foglie, fresche o essiccate, poteva avvenire tramite decotto oppure vino medicato, cioè le foglie venivano messe a macerare nel vino per un certo periodo di tempo. Questa tintura vinosa veniva assunta per curare febbri malariche, persistenti o intermittenti, e reumatismi.
Tuttavia è proprio l’ilicina la responsabile della tossicità di questa specie. La pianta, infatti, la produce quale meccanismo di difesa da animali e parassiti. Per gli esseri umani l’ilicina è irritante per stomaco ed intestino, inoltre risulta dannosa per il sistema nervoso e per il cuore. Appare molto concentrata nelle bacche, la cui ingestione infatti provoca nausea, vomito e diarrea. L’ingestione di un certo quantitativo di bacche può essere letale per un essere umano.
Per contro le bacche di agrifoglio sono molto gradite e ben tollerate dall’avifauna.
Per uso esterno, dell’agrifoglio venivano usate le radici pestate, sotto forma di cataplasmi ed impacchi, per curare l’artrosi.
CURIOSITÀ E NOTIZIE STORICHE
L’agrifoglio è pianta tradizionale natalizia dalle antiche origini.
Se il pungitopo, come abbiamo visto, era sacro ai Germani, l’agrifoglio era sacro ai Celti. I sacerdoti celtici, i druidi, lo utilizzavano nei loro riti sacri legati al solstizio d’inverno, per scacciare gli spiriti malvagi e propiziarsi la fertilità e la buona sorte per il nuovo ciclo annuale.
Nella cultura celtica l’agrifoglio corrispondeva anche ad una lettera scritta. I druidi in realtà non scrivevano quasi per nulla, poiché tramandavano il loro sapere solo oralmente. Tuttavia esisteva un alfabeto arboreo, dove ogni singola lettera rappresentava un albero, e queste lettere avevano significato segreto e sacro, noto solo gli adepti. Questa forma di scrittura misterica, detta Ogham (si legge “oam”), secondo la mitologia celtica era stata creata dal dio Ogma, divinità della battaglia e dell’eloquenza, e l’alfabeto si componeva di 20 segni, che i druidi tracciavano incidendo ramoscelli o rocce. Ogni lettera era collegata ad un concetto e rappresentava il sistema dell’organizzazione della conoscenza dei druidi. Il segno scritto era utilizzato come simbolo magico e rituale, e si riteneva che potesse sprigionare un potere molto forte.
L’agrifoglio corrispondeva alla lettera T (“tinne”) e rappresentava la protezione da intenti e persone negative. I Celti erano soliti appendere rami di agrifoglio alle loro porte nella notte del solstizio per proteggersi dagli scherzi dei folletti che proprio in quel frangente sarebbero venuti ad infestare case e villaggi.
Tracce di questa antica usanza risuonano ancora oggi nelle strofe di un noto canto natalizio che recita: “Con i rami d’agrifoglio, la la la… Orna tutte le tue sale, la la la… “.
Anche per i Latini l’agrifoglio era pianta sacra, al pari del pungitopo, protagonista delle celebrazioni svolte attorno alle feste del solstizio d’inverno, i Saturnali. I Romani si stupirono molto quando, conquistata la Britannia, si accorsero che anche per quei popoli lontani questa specie aveva valore sacrale. La ragione, ovviamente, è da ricercare nella sua bellezza e nei suoi colori, che durante la stagione invernale allietano i boschi altrimenti spogli. Questi stessi colori e forme divennero importanti per la religione cristiana, prefigurando la passione di Cristo nelle spine e nel rosso sgargiante delle bacche, memore del sangue versato da Gesù, mentre la speranza si mostra con forza nel verde lucente delle foglie.
Un uso meno esoterico ed assai più pratico dell’agrifoglio, invece, è quello che fino a qualche tempo fa si era soliti fare nei nostri territori liguri, e per il quale l’agrifoglio si è meritato la denominazione di “viscu” in molti paesini dell’entroterra. Infatti ne veniva prelevata la corteccia, veniva essiccata e pesata in un mortaio, successivamente veniva fatta riscaldare in acqua, con eventuale aggiunta di altre sostanze vegetali, e se ne preparava una pania, o visco. Si trattava di una sostanza collosa utilizzata per l’uccellagione: questo visco veniva spalmato su rami o in zone adatte alla posa degli uccelletti che, rimanendovi invischiati, venivano facilmente catturati. Ancora oggi in certi nostri borghi liguri si usa dire “Ti pogni scappò da-u viscu” (“Sembri scappato dal visco”) per definire quei ragazzetti scapigliati e scarmigliati, scomposti a causa dei vivaci giochi d’infanzia, che assomigliano a quegli uccelletti che siano riusciti a liberarsi da questa sostanza, ovviamente con il piumaggio tutto arruffato.
Nell’araldica, infine, la foglia di agrifoglio simboleggia la perseveranza e la previdenza.
REGOLAMENTO REGIONALE PER LA RACCOLTA
La pianta dell’agrifoglio (Ilex aquifolium) in Liguria è specie a protezione parziale il cui taglio e la cui raccolta delle cimette apicali è severamente regolata dalle leggi vigenti.
Le leggi regionali che ne regolamentano l’uso sono: L.R. 9/1984, integrazione con L.R. 28/2009, regolamento regionale del 1999 (R.R. 29 giugno 1999 n.1). In particolare, il regolamento regionale del 1999 disciplina il taglio e la raccolta di esemplari e rami apicali destinati all’uso di alberi di Natale ed addobbi natalizi.
È fatto divieto il taglio di alberi di agrifoglio, tra il 1° ottobre e il 24 dicembre, nonché il loro trasporto se sprovvisti di apposito contrassegno o cartellino. Solo personale espressamente autorizzato può effettuare il prelievo di alberi di agrifoglio dai boschi liguri, e tali esemplari verranno contrassegnati con apposito cartellino.
In deroga a ciò, il proprietario di un bosco può essere autorizzato al prelievo di un solo esemplare di agrifoglio, o di 5 rametti apicali, dal proprio bosco, ma dovrà chiedere apposita autorizzazione nel caso in cui debba effettuare una potatura.
L’ente che si occupa delle autorizzazioni riguardo i prelievi di specie vegetali è l’IRF (Istituto Ripartimentale delle Foreste) della propria Provincia di appartenenza.
Si possono trasportare senza contrassegno piante provenienti da vivai se munite di apparato radicale, mentre il contrassegno dovrà sempre esserci in caso di pianta proveniente da vivaio priva di apparato radicale.
La sanzione amministrativa, in caso di violazione dei termini di legge, può andare dai 300 ai 3000 euro e comporta ovviamente la confisca dell’esemplare tagliato o dei rami prelevati.
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