Cari lettori di Quilianonline, ebbene sì, a dire Quercia si fa davvero presto. Eppure, queste specie vegetali, appartenenti come il Castagno e il Faggio alla famiglia delle Fagaceae, rappresentano le fondamenta della nostra cultura europea, italiana e quilianese, essendo anche presente nello stemma del Comune; quante volte parlando con nostri conoscenti abbiamo sentito come il vino di qualità fosse affinato in botti di Rovere perché questo garantiva un migliore gusto? O in riferimento alla sughera, da cui, il processo di rimozione della corteccia ha permesso la conservazione delle bottiglie di Granaccia e Buzzetto? Ed ancora, quante volte abbiamo sentito parlare delle ghiande di queste piante che venivano, e tutt’ora sono ancora utilizzate, in alcune parti d’Italia, per nutrimento di animali da allevamento in un’ottica di filiera corta a Km 0?
Ebbene, cari lettori, oggi vi porteremo in un viaggio che cercherà di distinguere le principali differenze delle Querce che possiamo trovare durante le escursioni nel comune Quiliano, anche con qualche sorpresa……
LECCIO, UN CARRATTERE DIFFICILE PERCIÓ LO BRUCIANO
Il Leccio, Quercus ilex L. “Ergio”, è una quercia presente nel nostro Comune e la si può trovare sia nei boschi, sia in città dove è utilizzata come pianta nel verde urbano (es. Esemplare davanti la chiesa di Valleggia). Il Leccio è una pianta sempreverde che mantiene le proprie foglie anche in inverno a differenza di altre Querce; le sue foglie, di colore verde scuro e bianco-grigiastre nella pagina inferiore, presentano una caratteristica chiamata eterofillia (= forme differenti delle foglie), fra le piante più giovani che tendono ad avere dei margini dentati che, negli esemplari più vecchi, tendono a diventare lisci. Il colore della corteccia, invece, tende a essere grigia nelle piante più giovani e a diventare più scura, con la formazione di placche, nelle piante adulte.
È una specie rupicola che si adatta molto bene al freddo (resiste fino a -15°) e alle zone secche con poca acqua e risulta indifferente al substrato.
Il suo legno risulta difficile da lavorare ed infatti, in passato, veniva utilizzato maggiormente come legna da ardere o per la produzione di carbone; in zone dove vi è una presenza affermata di questa specie non è scontato scorgere ancora delle aie carbonili con strade secondarie di accesso collegate ad esse.
ROVERE: SI ADATTA ALLE PIETRE, MA AMA NAVIGARE
Rovere, Quercus petrea “Ruvia” questa quercia, tipica degli ambienti collinari, in passato ha subito una grave riduzione della sua superficie a causa dall’espansione del Castagno il cui esempio emblematico riguarda proprio un bosco molto caro a noi quilianesi, quello avvenuto a quella che oggi è chiamata Foresta Demaniale di Cadibona, in passato Bosco di Savona. Fin dal XII secolo la vegetazione del bosco di Cadibona era composta prevalentemente da Roveri che servivano, principalmente, per la costruzione delle opere vive delle navi (la parte immersa); la gestione del bosco e la sua coltivazione era basata in un’ottica di gestione che mantenesse il più possibile queste specie e questo avvenne fino a circa il XVIII quando il bosco iniziò un declino in termini di biodiversità e di qualità del legname presente in loco. Progressivamente, lo sviluppo tecnologico del sistema di costruzione navale e le esigenze della popolazione che necessitava maggiormente di legname per riscaldarsi e di cibo per il proprio sostentamento, in un’ottica di gestione del bosco in un carattere prevalentemente agricolo, questo fece sì che la componente di rovere iniziò progressivamente a diminuire nei confronti del Castagno fino ad arrivare, ad oggi, dove la Rovere rimane relegata in alcune zone rispetto alla maggiore presenza di Castagno che risulta la specie principale presente.
Eppure, amici, meravigliosa pianta è la Rovere! Chiamata petrea per la sua capacità di adattarsi agli ambienti rocciosi, è una specie che predilige la luce del sole e che può raggiungere dimensioni considerevoli, anche di 30-40 metri e un diametro del fusto da 1 a 2 metri. È una caducifoglia che presenta una forma della foglia con il margine lobato tipico delle Querce, le cui dimensioni, risultano maggiori rispetto alla roverella che vedremo più avanti. Predilige i suoli sabbiosi-rocciosi e la si trova sia su suoli ricchi di basi e sia su suoli acidi in ambienti più secchi. Il suo legname è di alta qualità ed è molto richiesto anche oggi sul mercato, per vari assortimenti in falegnameria, a cui si presta molto bene.
ROVERELLA, PASSATO OSCURO, MA UN FUTURO TRA I TARTUFI
Roverella, Quercus pubescensmolto simile alla rovere, la roverella è una pianta adatta agli ambienti rocciosi che a differenza dalla rovere predilige suoli calcarei e rifuggendo da quelli acidi e anch’essa predilige la luce del sole e i suoli con poca presenza di acqua. Chiamata “pubescens” per la pelosità che presenta sui rami dell’anno viene differenziata dalla rovere proprio per questo carattere oltre a una corteccia tendenzialmente più argentata negli esemplari adulti e foglie di dimensioni minori. È una pianta che raggiunge normalmente un’altezza massima intorno ai 20 -25 metri. In passato il suo legname era prevalentemente utilizzato come legna da ardere, ad oggi, un importante riscontro per questa pianta viene dal mondo della tartuficoltura dove, anche in Liguria, viene utilizzata come pianta simbionte per la coltivazione dei tartufi.
CERROSUGHERA, UN IBRIDO CHE AMA LA CLANDESTINITÀ
Citata all’interno della descrizione vegetazionale dal cartello dell’Alta Via dei Monti Liguri che conduce alla Foresta demaniale di Cadibona e alla Casa dei Guardaboschi la cerrosughera è un ibrido fra un Cerro e una Sughera molto importante per la biodiversità della zona.
Le foglie di presentano alterne semipersistenti e con dentature arrotondate, meno acute rispetto a quelle di una sughera e con una corteccia anch’essa sugherosa ma meno evidente.
Vederla rappresenta una vera e propria fortuna.
QUERCIA ROSSA, DI NOME E DI FATTO INFATTI VIVE AL TECCIO DEL TERSÈ
Quercia rossa: Quercus rubra Buct Unica quercia non autoctona di quelle descritte precedentemente è presente sul sentiero che conduce al Teccio del Tersè. Utilizzata in passato sia nei giardini e viali pubblici e come pianta per i rimboschimenti di ex aree agricole dall’ex Corpo Forestale dello Stato, ad oggi, per i caratteri di invasività mostrati in molte aree del Nord Italia (fra cui il Piemonte) viene ritenuta una minaccia per la biodiversità in particolari condizioni pedoclimatiche.
Denominata ‘rubra’ dal fatto che le foglie in autunno diventano di colore rosso proviene dal Nord America e dal Canada dove predilige boschi misti, su pianure alluvionali e basse pendici fresche su suoli acidi profondi, ricchi di acqua ma permeabili e non sopporta i suoli calcarei.
Le foglie sono semplici, ma anche quando l’albero arriva a 40 metri di altezza, restano di grandi dimensioni, fino persino a 17 cm e con un margine composto da lobi dentati. Ghiande persistenti 2 anni.
Per fortuna in Liguria non ha rappresentato particolari problematiche ma, per noi Quilianesi, una presenza educata sul sentiero della resistenza che conduce al Teccio.
Le querce sono come colonne in un tempio o in una chiesa. Grandi o piccole, sorreggono un insieme che celebra la Natura e ci esortano a rispettarla e a prendere coscienza della nostra modesta e pericolosa presenza.
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