LUIS SEPULVEDA
“STORIA DI UNA GABBIANELLA E DEL GATTO CHE LE INSEGNÓ A VOLARE”
Riccardo Bianco, questa volta scantona e ci racconta una fiaba. Riccardo Bianco nato nel 1989, risiede a Quiliano, ma è di Savona. Autore lui stesso, è stato finalista in premi letterari. Ha pubblicato “Ci scusiamo per il disagio” che è la sua prima collezione di racconti autopubblicata, ma anche racconti brevi come “Nata sulla Luna”, “La casa in affitto” “Stasera cucino io”. Questa volta non affronta il solito tema dell’horror e del mistery, ma ci propone una favola particolare…
LUIS SEPULVEDA
“STORIA DI UNA GABBIANELLA E DEL GATTO CHE LE INSEGNÓ A VOLARE”
I MIEI PERCHÈ
RICCARDO BIANCO
Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”
Questa volta mi sono voluto distaccare un po’ dai miei soliti generi letterari, su cui ritornerò presto senza dubbio, per ripescare una storia che già mi aveva affascinato da bambino e che rileggo sempre con piacere.
Parlo di una favola, ma non per questo un genere banale o da sottovalutare, e di uno scrittore famoso in tutto il mondo per le sue storie magnifiche, un autore che circa un anno fa purtroppo se n’è andato, lasciando una profonda amarezza nel mondo letterario.
“Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” di Luis Sepùlveda è il titolo di cui vi voglio parlare in questo articolo. Un racconto trito e ritrito forse, anche se sono sicuro che nonostante molti ne avranno già sentito parlare, non tutti hanno avuto il piacere di conoscerlo fino in fondo. Già, perché leggere Sepùlveda è un piacere, le sue favole trasportano messaggi enormi e profondi con la semplicità del linguaggio dei bambini. E proprio le migliaia di differenze che ci possono essere tra un gabbiano e un gatto possono trovare corrispondenza in centinaia di situazioni giornaliere, dove a volte l’accettazione della diversità non è una cosa immediata e facile come dovrebbe essere.
“Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia”
Un centinaio di pagine, nella versione tascabile, che si leggono in un battito di ciglia. Una vicenda che mi lascia sempre di buonumore e che ogni tanto mi piace ricordare con un sorriso.
Per chi avesse intenzione di recuperare il libro sfruttando il servizio della biblioteca di Quiliano, questa favola è contenuta nella raccolta “Tutte le favole” di Luis Sepùlveda, vale la pena leggerle tutte, ma questa è un’altra storia, ho scelto questa in particolare perché ci sono molto affezionato.
Certe storie ci accompagnano per tutta la vita, ma trovo incredibile come la stessa storia, identica nelle parole scolpite nella carta, possa a distanza di anni assumere significati molto diversi. Ogni volta si colgono nuovi particolari e sfumature che arricchite con esperienze vissute raggiungono un livello più alto di comprensione. Narrazioni positive come questa almeno ogni tanto ci devono riempire gli occhi e alleggerire la mente. Senza troppi giri di parole, portando un messaggio tanto potente quanto semplice.
Sepùlveda attraverso i suoi racconti è capace di parlare tanto al bambino quanto all’adulto facendogli guardare il mondo con quella tenerezza e leggerezza che l’esperienza e la durezza della vita gratta via dall’animo di ogni essere umano.
“Abbiamo imparato ad apprezzare, a rispettare e ad amare un essere diverso. È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo”.
La storia inizia in volo, uno splendido stormo di gabbiani diretto verso lidi migliori occupa i cieli sorvolando il mare, approfittandone per fare incetta di pesci. Ma sarà proprio durante una di queste battute di pesca che la gabbiana Kengah rimarrà vittima di una macchia di petrolio che oltre a farle perdere di vista i propri compagni, le impedisce di volare liberamente. Rassegnata e spaventata sarà costretta ad un atterraggio di fortuna. Ed è proprio la fortuna, in questo caso, che la porterà tra le zampe di Zorba, un gatto nero grande e grosso a cui affiderà il suo uovo e le sue ultime speranze facendogli accettare tre importanti promesse prima di abbandonare il mondo terreno. Nonostante gli impegni assunti siano pressoché irrealizzabili per un gatto, l’onore che lo contraddistingue non gli permette di tirarsi indietro e, anche grazie all’aiuto di altri gatti del porto di Amburgo, è più che deciso a tenere fede ai suoi obblighi morali, che prevedono di non mangiare l’uovo, prendersene cura e insegnare a volare al piccolo che nascerà.
Ma come lo stesso Zorba ammetterà: “Vola solo chi osa farlo”.
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