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MAURIZIO DE GIOVANNI “IL SENSO DEL DOLORE” Riccardo Bianco nato nel 1989, risiede a Quiliano, ma è di Savona. Autore lui stesso, è stato finalista in premi letterari. Ha pubblicato “Ci scusiamo per il disagio” che è la sua prima collezione di racconti autopubblicata, ma anche racconti brevi come “Nata sulla Luna”, “La casa in […]

MAURIZIO DE GIOVANNI

“IL SENSO DEL DOLORE”

Riccardo Bianco nato nel 1989, risiede a Quiliano, ma è di Savona. Autore lui stesso, è stato finalista in premi letterari. Ha pubblicato “Ci scusiamo per il disagio” che è la sua prima collezione di racconti autopubblicata, ma anche racconti brevi come “Nata sulla Luna”, “La casa in affitto” “Stasera cucino io”. Questa volta ci guida nella letteratura gialla raccontandoci un autore che va per la maggiore e che riscuote molto successo. Perchè piace De Giovanni? Riccardo Bianco ci spiega la proprie scelte.

MAURIZIO DE GIOVANNI

“IL SENSO DEL DOLORE”

I MIEI PERCHÈ

RICCARDO BIANCO

In questo articolo torno a parlare di libri gialli, un genere che adoro e che più mi ha avvicinato in passato alla lettura o che mi ci fa tornare dopo un periodo di calma piatta. Una sorta di porto sicuro, perché difficilmente faccio fatica a leggere un romanzo giallo, solitamente depositario di ritmi incalzanti e trame seducenti, una naturale alchimia a cui non posso rinunciare.

L’autore di cui parliamo oggi è italiano, uno scrittore di cui non avevo ancora letto nulla, nonostante avessi già visto diverse volte il suo nome sulle copertine che affollano gli scaffali delle librerie. Sicuramente molti conoscono già Maurizio De Giovanni e le sue opere, recentemente hanno anche dedicato una serie tv alle sue storie, ma io intendo partire dall’inizio.

Il delitto è la faccia oscura del sentimento: fa infezione e suppura esplodendo poi nell’efferatezza e nella violenza. Il Fatto gli aveva insegnato che la fame e l’amore sono all’origine di ogni infamia, in tutte le forme che possono assumere: orgoglio, potere, invidia, gelosia.

 

“Il senso del dolore” è il romanzo che sancisce l’inizio delle inchieste del torvo e silenzioso commissario di Napoli dagli impenetrabili occhi smeraldo. Un giovane tormentato dal fardello del suo passato, una speciale quanto dannata percezione del dolore. Il commissario è in grado di visualizzare l’anima delle vittime degli omicidi, captandone l’ultimo pensiero prima della morte. Un eco dal mondo dei morti che ripete ininterrottamente l’ultimo riflesso della vita appena interrotta. Un dono o una disgrazia, a seconda dei punti di vista, messo al servizio del suo paese e del corpo di polizia. Ma il segreto che lo rende infallibile nel trovare i colpevoli dei crimini efferati, inevitabilmente lo tiene lontano dal poter condurre una vita normale. Non si lega a nessuno, tranne un collega devoto con cui ha condiviso un tragico episodio.

Nonostante il libro non sia molto lungo ci si appassiona presto a questo particolare personaggio dall’animo straziato. Se il giovane commissario avrà mai pace dai suoi oscuri pensieri e se ci potrà essere spazio anche per l’amore nella sua tetra vita, si scoprirà soltanto voltando l’ultima pagina.

“Non posso credere che lo pensiate davvero, commissario. L’amore non c’entra niente con questo scempio. L’amore muove la terra, è quello dei padri di famiglia, delle madri, di Dio soprattutto. L’amore è volere il bene di chi sia ama. Non certo il sangue, il dolore: quello è dannazione.”

Siamo nell’Italia fascista del primo dopoguerra, a Napoli, e la vittima è un tenore di fama mondiale, ritrovato brutalmente ucciso nel camerino del teatro proprio prima dello spettacolo. Il Duce in persona ha particolare interesse che il caso venga risolto in fretta. Serve un colpevole. La Squadra Mobile della Regia Questura di Napoli incarica Luigi Alfredo Ricciardi, un investigatore tanto anomalo quanto capace, talvolta insubordinato, ma l’unico che ha le capacità necessarie per risolvere in poco tempo un caso così complicato. Sembra proprio che la morte sia sopraggiunta a causa della personalità arrogante e meschina della vittima, che al mondo aveva più nemici che amici. Un uomo capace di trasmettere ammirazione ed emozioni indescrivibili a chi lo sentiva cantare, ma di suscitare il più profondo astio a chiunque si trovasse costretto a collaborare con lui. La superbia di chi è consapevole di avere un dono divino e non ha timore di esercitarne il potere. Arnaldo Vezzi il più grande tenore dei suoi tempi prendeva semplicemente tutto cioè che voleva, calpestando il resto.

Ma il commissario lo sa bene che l’immortalità non fa parte di questo mondo, la fame e l’amore possono essere dei compagni mortali, e nessun uomo può avere il diritto di veto sulla vita di un altro.

Una volta accettato l’incarico per Ricciardi l’unica ragione di vita sarà trovare il colpevole, non esisterà più giorno e notte finché non avrà un nome che chiuderà il caso, e metterà finalmente a tacere l’eco di morte della vittima che affolla i suoi pensieri.

“Io sangue voglio, all’ira m’abbandono, in odio tutto l’amor mio finì.”

 

 

 

 

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