LA CITTÀ DI VAPORE
CARLO RUIZ ZAFON
Riccardo Bianco risiede a Quiliano, ma è di Savona. Autore lui stesso, è stato finalista in premi letterari. Ha pubblicato “Ci scusiamo per il disagio” che è la sua prima collezione di racconti autopubblicata, ma anche racconti brevi come “Nata sulla Luna”, “La casa in affitto” “Stasera cucino io”. Come autore ci consiglia libri e letture guidandoci nella letture intelligente. Questa volta ha scelto l’opera postuma di un grande scrittore amato dal pubblico.
LA CITTÀ DI VAPORE
CARLO RUIZ ZAFON
I MIEI PERCHÈ
RICCARDO BIANCO
“Ho sempre invidiato la capacità di dimenticare che possiedono alcune persone per le quali il passato è come un cambio di stagione, o come un paio di scarpe vecchie che basta condannare in fondo a un armadio perché siano incapaci di ripercorre i passi perduti.”
È con queste parole che inizia l’opera postuma del grande scrittore spagnolo Carlos Ruiz Zafon e il mio primo pensiero leggendo queste poche righe è stato “mi sei mancato”.
Purtroppo continuerà a mancarmi, perché il 2020, anno funesto, tra le altre cose si è portato via anche una delle voci più importanti del panorama letterario spagnolo, ma soprattutto internazionale. Basti pensare che in patria viene paragonato come importanza all’immortale Cervantes, il padre di Don Chisciotte.
Lo scrittore ha voluto lasciare un regalo di addio, un ultimo saluto, a tutti i suoi lettori. Coloro che lo hanno amato e hanno adorato le sue storie, che già in passato si erano persi e innamorati tra le strade della misteriosa e fumosa Barcellona così magistralmente dipinta da Zafon, che non ha mai nascosto il suo eterno amore per la città. In questo senso va preso il libro, come un album di vecchie fotografie, da sfogliare per ricordare le emozioni vissute e viverne di nuove, viaggiando con la memoria e la fantasia in quel mondo di personaggi singolari, tetri, ambigui, seducenti ma sopratutto unici che solo la sua mente era in grado di creare.
“E fu così che il vino, che rende sinceri gli uomini quando meno ne hanno bisogno e infonde loro coraggio quando dovrebbero rimanere codardi, persuase Cervantes a raccontare la storia nella storia, ciò che gli assassini e i pazzi chiamano la verità.”
“La città di vapore” è una collezione di racconti che si intrecciano e strizzano l’occhio, con avvenimenti e personaggi, alla più grande opera del “Il cimitero dei libri dimenticati” che l’ha consacrato nell’Olimpo degli scrittori, quattro romanzi entusiasmanti che possono essere letti in qualsiasi ordine andando a comporre una storia più grande pur rimanendo ogni libro una storia a se stante. E allora torneremo tra le cupe e vaporose strade della gotica Barcellona, rivivendo il buio e il mistero che serpeggia tra le vie spagnole zeppe di intrighi ed enigmi, gustando un’ultima volta quelle atmosfere dei suoi libri più famosi. In un certo senso si può dire che questa raccolta amplia l’universo letterario della sua opera prima e, forse anche solo per la consapevolezza di non poter mai più leggere un suo nuovo racconto, è un piacevole tributo e un ultimo incontro con tutti i lettori che lo hanno amato.
“La commedia ci insegna che la vita non bisogna prenderla sul serio e la tragedia ci insegna cosa succede quando non diamo retta a ciò che la commedia ci insegna.”
In questa raccolta di meno di 180 pagine troveremo undici racconti, alcuni inediti altri già pubblicati su riviste negli anni passati ma comunque sconosciuti ai più.
Rincontreremo un giovane David Martin alle prese con i suoi primi anni di vita, donne misteriose dalla multiple personalità e l’antenato del librario più famoso creato dalla penna di Zafon. Perfino un certo editore subdolo e misterioso, che ci ha stregato nel “Il Gioco dell’angelo”, rifarà la sua comparsa e poi ci sono ancora un paio di divertissement che giocano su alcuni elementi meno conosciuti e documentati delle vite di grandi artisti quali Cervantes e Gaudí.
Non si può fare ovviamente un paragone con quanto già scritto da Zafon, sarebbe ingiusto, ma va appunto inteso come il suo personale regalo di addio, come ci farebbe piacere riceverlo da una persona che ci manca per riprovare quella nostalgia benevola, che fa sorridere con un po’ di malinconia, ma che mantiene viva la fiamma del ricordo.
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