IL SIGNORE DELLE MOSCHE
WILLIAM GOLDING
Il Signore delle Mosche” è una storia non troppo impegnativa che diverte, ma ha insito tra le sue pagine anche un messaggio potente, che saremo in grado di comprendere se ci lasciamo trasportare dal racconto diventando un tutt’uno con esso. Riccardo Bianco con questa premessa ci guida alla lettura di un classico. Bianco è stato finalista in premi letterari: ha pubblicato “Ci scusiamo per il disagio” , ma anche racconti brevi come “Nata sulla Luna”, “La casa in affitto” “Stasera cucino io”. Come autore ci consiglia libri e letture.
I MIEI PERCHÈ
RICCARDO BIANCO
Dopo una breve pausa dalle letture nelle feste natalizie, si riprende l’anno da dove si era lasciato. E come poter iniziare questo nuovo anno che speriamo sia carico di aspettative, dopo gli ultimi difficili anni appena trascorsi, se non parlando di sopravvivenza.
Il tema dell’uomo, o un gruppo di uomini, dispersi su un’isola deserta è forse fin troppo inflazionato nella letteratura e nella cinematografia. Ci sono degli esempi arcinoti come “Robinson Crusoe”, il famoso romanzo di Dafoe, oppure “Cast away”, un grande classico per gli amanti del cinema, o ancora per gli appassionati di serie tv e gente dispersa su isole lontane e misteriose possiamo citare “Lost”.
Non si può dire che il libro di cui parlerò in questo articolo sia un vero e proprio precursore, ma è sicuramente un romanzo che in qualche modo ha fatto la storia di questo filone di racconti diventando un classico del ‘900.
“Il Signore delle Mosche” di William Golding ci trasporta su un’isola deserta con un accenno ad un disastro aereo e ad un conflitto mondiale in corso non meglio specificato. Il fatto singolare è che da questo incidente sembrano essere sopravvissuti solo i bambini. Il racconto inizierà con la conoscenza di Ralph e Piggy, che deve il suo soprannome alla sua stazza somigliante all’animale. Primo vero segnale che nonostante la situazione di straordinaria emergenza certi meccanismi di scherno non spariscono anche al peggiorare di alcune condizioni essenziali della nostra società. “Ma sono solo bambini”, si è forse portati a pensare all’inizio. E credo che sia proprio questo il punto dell’autore, nonostante il dover provvedere alla propria sopravvivenza, nonostante siano effettivamente tutti solo bambini, il male, la cattiveria e la paura che contraddistinguono le vite degli adulti non tarderanno ad uscire fuori e prendere il sopravvento.
Alle nostre prime due conoscenze ben presto sotto il richiamo di una conchiglia, eletta a simbolo del potere e del comando, si uniranno anche altri sopravvissuti e insieme cercheranno di dare vita ad una civiltà provvisoria senza adulti.
Scopriranno presto che non è così facile essere ligi ai propri doveri e prendersi cura di quei bambini più piccoli che non sono in grado di lavorare.
Il problema del cercare il cibo o alimentare il fuoco saranno tra gli argomenti che creeranno i più grandi dissapori, con la creazione di due vere e proprie fazioni. L’istinto della collaborazione che inizialmente fa vincere la paura viene successivamente meno per ricercare la propria autorealizzazione e il desiderio di comando, che anche in una situazione così estrema, prenderà il sopravvento una volta che i nuovi abitanti si saranno abituati a quella situazione che a mano a mano che passa il tempo sarà considerata sempre più la nuova normalità.
Nella prefazione al romanzo sono molto interessanti le parole che Stephen King ha dedicato a questa storia, frase che avevo letto già da tempo e aveva fatto entrare di diritto questo libro nella mia personalissima lista dei “libri da leggere”.
“Per me, ‘Il Signore delle Mosche’ ha sempre rappresentato ciò per cui sono fatti i romanzi, ciò che li rende indispensabili. Dobbiamo aspettarci divertimento dalla storia che leggiamo? Certo. Un atto dell’immaginazione che non diverte è un atto decisamente mediocre. Ma deve esserci di più. Un romanzo ben riuscito deve annullare il confine tra scrittore e lettore, così che l’uno possa fondersi nell’altro”.
Oltre a condividere le parole dello scrittore penso che “Il Signore delle Mosche” in effetti raggiunga questo scopo. È una storia non troppo impegnativa che diverte, ma ha insito tra le sue pagine anche un messaggio potente, che saremo in grado di comprendere se ci lasciamo trasportare dal racconto diventando un tutt’uno con esso.
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