SABRINA ROSSI
Non solo donne, ma anche i preti erano i protagonisti di un tempo ormai passato in cui si faceva uso di pratiche esoteriche, esorcismi, magie per alleviare le sofferenze e guarire le persone da malattie del corpo e dell’anima. “Streghe guaritrici e preti incantatori” di Manuela Saccone e Giuseppe Testa è un testo che nasce proprio dalla passione per l’argomento e dopo scrupolose ricerche sulla magia popolare nei verbali dell’Inquisizione della Diocesi di Savona. Proprio qui, per i lettori di Quilianonline, dopo un attento studio Giuseppe Testa, importante storico finalese, spiega come streghe e preti possano essere posti sullo stesso piano in fatto di pratiche magiche; cita inoltre l’inchiesta di Ambrogio Gariglio (anno 1561), prete di Quiliano, di cui avevamo parlato in un precedente articolo (https://www.quilianonline.it/frazioni/quiliano/segnare-per-guarire/).
GIUSEPPE TESTA
Mi hanno più volte chiesto: perché nel titolo del libro sui verbali dell’Inquisizione della Diocesi di Savona sono citati (ed equiparati) “streghe (guaritrici) e preti (incantatori)?”
Da una attenta analisi dei verbali inquisitori sulla magia popolare, redatti nella nostra diocesi (e non c’è motivo di pensare che altrove non sia così), si può constatare che queste due “categorie” siano gli “attori” indiscussi nel praticare questo tipo di attività. Recitava un adagio popolare che per fare magie era indispensabile la gonna, riferendosi forse al fatto che le pratiche magiche erano prerogativa delle streghe… ma in effetti anche il prete ne era provvisto!
IL PRETE: GUARIGIONI TRA RITO SACRO E MAGIA
Oggi la parola prete ha una accezione vagamente negativa e dispregiativa. Invece è la parola più corretta per definire il “presbitero”, da cui deriva il termine moderno. Non del tutto corretta, ma largamente diffusa e accettata anche dalla Chiesa Cattolica, risulta invece la definizione “sacerdote”.
Indubbiamente il prete è stato, ed è, una figura di riferimento soprattutto nelle comunità rurali; ritenuto intermediario tra Dio e gli uomini, grazie alla somministrazione dei sacramenti, accompagna verso un cammino di fede e di salvezza. Per mezzo della Confessione, fortemente difesa dai Controriformisti, mentre i Luterani e Protestanti la abolirono, privilegiando il rapporto diretto uomo-Dio, il prete conosce tutti i segreti della sua Comunità. Alcuni studiosi ritengono la confessione come una sorta di psicanalisi ante litteram: in tempi dove questo processo era impensabile, il sacerdote ascoltava i tumulti dell’animo umano, aiutava il credente a liberarsi dal peso dei rimorsi, indicava un percorso di guarigione che si concludeva sempre con penitenze, che in qualche modo sollevavano lo spirito alleviando le sofferenze. Nelle campagne, era l’unico in grado di leggere e scrivere, però provenendo dal popolo, spesso la sua cultura era impregnata di retaggi pagani e di magia. La sua Comunità, era composta da gente semplice, che aveva mantenuto riti ancestrali legati ai cicli della natura, per favorire la prosperità del raccolto e degli animali, per scongiurare la grandine, la siccità o la carestia. Il prete aveva a suo tempo conosciuto, condiviso, o quantomeno tollerato queste pratiche magiche; ora diventava il “traghettatore” di questi antichi rituali verso la cristianizzazione, per poterli avere sotto controllo e renderli sacri, dopo l’inutile tentativo della Chiesa di estirparli. Le Rogazioni ad esempio erano il retaggio di un antico rito pagano in uso tra i Romani nel quale, percorrendo determinati tragitti in siti agricoli si scacciavano, mediante esorcismi, gli spiriti maligni. Il Cristianesimo si appropriò del rito, sostituendo le antiche litanie con preghiere e benedizioni, per propiziare buoni raccolti, scongiurare siccità e carestie. In seguito il prete iniziò a benedire, come una sorta di esorcismo scaccia malocchio, tutto ciò che nelle comunità era ritenuto di vitale importanza. Esistono testimonianze di particolari riti e benedizioni, fatti appositamente per le specifiche esigenze di chi viveva in quel territorio (vedi, ad esempio, Paolo Giardelli, “Domanda al vento che passa”, Pentagora Ediz., 2014).
In questo contesto, alcuni di essi, si ritroveranno ad occuparsi non solo della guarigione spirituale, ma anche di quella del corpo, poiché provenendo da un sostrato di matrice contadina, non di rado erano depositari di antichi saperi.
Il prete e le donne risultavano di fatto gli unici guaritori a disposizione del mondo contadino. Viste le generali condizioni di povertà, ed essendo prassi di allora non farsi pagare per questo genere di prestazioni, è possibile che il prete accettasse offerte per la chiesa, e indirettamente per sé, in cambio di guarigioni. Dopo la Controriforma, aumenta l’attenzione ed il controllo da parte dell’Inquisizione, nei confronti delle azioni praticate dai guaritori. Sono emblematici i casi del parroco di Lavagnola e del curato di Legino. “Quest’ultimo era specializzato in alchimia, in sortilegi, faceva grandinare e tempestare con grave danno dei contadini e aveva due spiriti in una ampolla; questo secondo le accuse dei leginesi.” Ammonito più volte dal Vicario, venne condannato alla prigione, ma in contumacia in quanto si era dileguato.
In seguito sarà permesso ai preti dedicarsi solo a preghiere, benedizioni, bacio delle reliquie, esposizione del Santissimo, processioni, tridui, novene, rosari etc. Le donne, nonostante i controlli e le forti limitazioni, continueranno ad operare la medicina popolare, secondo un’antica tradizione che in qualche modo è giunta fino ai giorni nostri.
Cito un documento interessante a proposito:
Inchiesta su prete Ambrogio Gariglio, Anno 1561, (ASD- fondo inquisizione)
Ambrogio Gariglio, prete di Quiliano, viene interrogato sotto giuramento e gli viene chiesto se egli cura i malati con incantesimi. Egli risponde che quando qualcuno prende una storta egli lo cura con le seguenti parole:
“Messer Santo Paulo allo boscho
se ne andava, con la sua
manera, si ben (manera, attrezzo agricolo, roncola con grossa lama, adatto a potare gli alberi)
tagliava, si ben boscava
e lì niente gli manchava
quando è stato a mezo
la via ha misso lo
piede sopra a una pietra
e la pietra si è volta
e lo suo nervo se destorto
messer Dominedio se contrato
e gli dice: o Paulo va va
tornate in dietro, e
lavatelo d’ acqua e salatelo
de sale, e allo sole
levato lo tuo nervo sarà
aconciato et allo sole
stramonto sarà aconso”.
Il Vicario lo minaccia di scomunica, perché ciò è contro gli ordini da lui dati di non fare incantesimi. Viene infine condannato al pagamento di due scudi.
Questo caso è estremamente interessante, in quanto possiamo eccezionalmente leggere le parole della “segnatura” contro le storte. Le parole usate durante le guarigioni sono infatti segretissime, anche quando i segnatori le “passano” alla persona scelta, generalmente la notte di Natale, vengono scritte su di un foglio che viene bruciato dopo averle imparate a memoria. A quel tempo difficilmente la gente sapeva leggere e scrivere, per questo motivo erano sempre in rima, poiché questo rendeva più semplice l’apprendimento mnemonico. Si noti che l’avvenimento è riferito a san Paolo; come spesso accade, queste “historiole” hanno come protagonisti i Santi o la Madonna o Gesù, poiché questo sarebbe il fatto” mitico” accaduto per la prima volta e dal quale la malattia ha avuto la sua origine, recitando la filastrocca, si torna indietro nel tempo fino a raggiungere quello che potremmo definire il punto zero e da lì ogni cosa è possibile, persino alterare gli avvenimenti e portare la guarigione. Siamo quindi di fronte ad una “segnatura” che ha oltre cinquecento anni e che ci svela un segreto custodito per secoli. Esiste una pratica simile anche presso le sperse comunità siberiane, dove gli sciamani, per ritrovare l’armonia e l’unione con l’anima del mondo ed ottenere la guarigione, durante la trance si collegano ad un tempo mitico nel quale si ritrovano le favole delle origini che hanno portato in essere le cose per la prima volta. Queste favole, venendo narrate nuovamente, hanno il potere di cambiare le cose.
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