Riti satanici a Quiliano, Inquisizione a Savona, streghe a Bergeggi, Segno di Vado ligure, Perti di Finale Ligure, Cairo Montenotte.
ESTER MANITTO
Un sabba provinciale piuttosto attivo che nel corso di quasi 3 secoli, fino a metà del 1600, ha tenuto banco in tutta la Provincia. E anche se non ha avuto i risvolti contestuali e postumi di Triora, tanto per citare gli esempi a noi più vicini, ha avuto ugualmente (purtroppo) qualche rogo. È stato comunque un percorso controtendenza, dove la Chiesa, differentemente ad altri luoghi, usò più il buon senso che le fascine, anche se queste, ahinoi, non mancarono.
UNA STREGA DI 19 ANNI AI MOLINI
C’erano gli innocenti, c’erano le persone deboli, fragili spiritualmente, c’erano i mitomani. In una società dominata dalla prevaricazione, dalla povertà, dall’ignoranza, dalla fame, il confine della correttezza dei rapporti era fragile se non inesistente.
Queste righe sono riferimento a una storia ambigua di una fanciulla dei Molini di Quiliano che si autoaccusò di stregoneria e dell’intervento dell’Inquisizione. Una storia che arriva nel 1608 e dimostra come Savona e i suoi dintorni furono palcoscenico di storie spesso crudeli e di terribili processi per stregoneria.
ESORCISMI, FILTRI D’AMORE, FATTURE E MALOCCHIO
Due libri, su tutti, trattano le vicende di Quiliano. Il primo è “Caterina e le altre”, un testo qualificato e documentato (editrice Liguria A. Francia, A. Verde, M. Zanella) in cui oltre a riportare significativi brani dei documenti processuali viene trattato il contesto sociale, politico ed economico delle vicende affrontando in modo dettagliato l’aspetto giuridico e soprattutto (come nel caso di Caterina de Bono di Quiliano) l’aspetto piscologico. Rilevante e molto documentato anche il più recente Streghe guaritrici e preti incantatori – La magia popolare nei verbali dell’Inquisizione della Diocesi di Savona (XVI – XVII secolo) “Streghe Guaritrici e Preti Incantatori – di Manuela Saccone e Giuseppe Testa che può contare anche su un contributo del vescovo della Diocesi di Savona/Noli, Calogero Marino.
Medicina naturale, filtri d’amore, esorcismi, evocazioni diaboliche, magie, stregonerie, fatture e malocchio: sono alcuni degli aspetti di un sapere antico e misterioso, che emerge dalla ricerca d’archivio dei faldoni dell’Inquisizione dell’Archivio Storico della diocesi di Savona e che ci offre uno spaccato di vita relativo al periodo della Controriforma.
UN PETTEGOLEZZO PER FINIRE AL ROGO
In un periodo in cui il valore delle donne è nullo (non possono neanche testimoniare nei processi), il loro ruolo è fondamentale: sono l’architrave della famiglia, raccolgono e producono cibo, sanno usare le erbe per mangiare, curare, guarire, svolgono una funzione fondamentale, ma non riconosciuta in cui basta scivolare nell’ambiguità e diventare oggetto di pettegolezzo per essere perdute. In questo contesto si muove principalmente la storia dei processi, anche quelli savonesi, per stregoneria .
La donna non contava niente e se accusata contava ancora meno. Per lei, nei processi, rispondevano solo i maschi. Il marito, il padre, i fratelli, i figli. Eppure la donna con la propria sapienza, le conoscenze, per secoli, è stata al centro della pratica del nutrimento e della cura. Conosceva le erbe, le sapeva usare, nessuno meglio di lei curava gli animali. E così era facile che per invidia o interesse potesse scivolare in un gorgo di maldicenze e sospetti e di lì nell’accusa di stregoneria.
ROGHI E IMPICCAGIONI, LE DONNE SEMPRE VITTIME
Nello Cerisola, nel suo libro Storia di Savona, Editrice Liguria, riporta queste significative notizie: nei libri di amministrazione, sotto la data del luglio 1454, è scritto che “furono bruciate vive tre donne eretiche. Altra donna eretica fu bruciata, che si era da sé impiccata”. Nell’ottobre 1460 “furono fatte due catene in ferro per sospendere le malefiche ed eretiche, che si bruciavano vive, ad un pilastro nel prato di San Tomaso” in Valloria. (Fuori porta, nella zona est di Savona). Nello stesso anno “furono impiccate e poi bruciate due donne eretiche e streghe”. Nell’ottobre 1466 “furono bruciate quattro fattucchiere. Insomma si andava giù pesante.
Nel 1555 una presunta strega di Segno venne assolta dall’ accusa di stregoneria e condannata solo per aver usato certi rimedi per le malattie. Diciamo che la stregoneria era stata derubricata in esercizio abusivo della medicina…
IL 27 agosto del 1631 si svolge a Cairo un processo a 2 donne, Lucia e Maria Largherio, accusate di voler seminare la morte, per ordine del diavolo, a Cairo e in tutta Savona.
Dagli atti del processo si rileva che le donne confessarono la loro colpevolezza, ammettendo però che, alle porte della città furono fermate dal demonio stesso perché Savona, essendo devota alla Madonna, non si poteva contagiare.
GIUDICI CLEMENTI FRA IGNORANZA E SUPERSTIZIONI
A Savona, grazie alla Bolla di Sisto IV che concedeva autonomia di giudizio alla Curia locale nelle questioni legate alla stregoneria e all’eresia, sono i magistrati vescovili “in situ” a occuparsi della spinosa materia. Il clou dei processi per stregoneria avviene nei secoli XVI e XVII. Presso la Biblioteca Civica e soprattutto presso l’Archivio Storico del Museo Diocesano si conservano gli atti processuali, i verbali, le deposizioni. Un triste mondo fatto di superstizione e crudeltà emerge dalle carte, che deve, peraltro, essere contestualizzato in un’epoca dove analfabetismo, miseria e pestilenze sono ricorrenti. Va comunque sottolineato che detti magistrati dimostrarono una clemenza e una serenità di giudizio di cui altri luoghi non beneficiarono. Infatti risultano numerosi i casi di streghe giudicate incolpevoli e restituite alla loro vita. Viene da chiedersi come reagirono sapendo che si erano salvate pur essendo state ad un passo dal rogo e da una morte atroce. Infatti, in genere, prima che l’esito dei processi, anche la sola accusa di stregoneria non dava speranze.
QUILIANO, LA SUGGESTIONE DELLA CARNE
Avere un convento dei Cappuccini praticamente sopra la testa e un contado pieno di belle ragazze qualche volta può causare qualche incidente diplomatico. Non c’è bisogno di scomodare il Decamerone, per capire che una comunità religiosa maschile attiva e una gioventù vivace intorno, possono provocare intrecci dalle molteplici e scontate sfaccettature.
Maschi arrapati e donne vogliose, da sempre si calamitano, e quando l’epoca è torbida, dopo l’afflato, le vie di fuga possono essere intricate, anche psicologicamente.
Un blog attento, “Ciceroni a Savona”, dà una interpretazione pecoreccia alla vicenda di Quiliano. Una fanciulla che vorrebbe attenzioni, qualche novizio non convinto appieno della strada religiosa da intraprendere e la ragazza confonde il peccatore con la tentazione. Questo è in sintesi la vicenda di Caterina de Bono di Quiliano, che non giunse nemmeno al processo, fermandosi alla fase pre-istruttoria, che accertò probabilmente l’infermità mentale della giovane, autoaccusatasi di stregoneria. Una donna facilmente plagiabile, “aiutata” nella difficile situazione nella quale si era cacciata forse coinvolta da un converso del Convento dei Cappuccini. Circostanza che lascia spazio a qualche dubbio, considerando che non manca chi sostiene che tra le donne del paese che frequentavano il convento e i suoi abitanti i commerci non fossero sempre leciti. Una volta diventate scomode, o venute a noia, sarebbe stato fin troppo facile per i religiosi avanzare accuse di stregoneria per liberarsi di loro.
UN PAESE INTERO A RISCHIO DI INQUISIZIONE
Caterina de Bono è un soggetto debole, che si autoaccusa, che tira in ballo praticamente tutto il paese. Sono inizialmente una decina le donne coinvolte da lei e accusate a vario titolo di avere o fama o di svolgere attività vera e propria di stregoneria. Poi a un certo punto il numero sale vertiginosamente. Persino il parroco non sa più da che parte girarsi perché anche lui ha sentito le voci, ha inseguito i pettegolezzi, e il vortice che scuote Quiliano risente più della diceria, del fraseggio sottovoce, dell’insinuazione pettegola dei bigotti che del manuale satanico. Per raccontarlo servirebbe più Pietro Chiara che Stephen King…
Corre l’anno 1608. Tanto per capire come va il mondo Keplero sta per pubblicare Astronomia Nova in cui vengono annunciate le prime due leggi del moto dei pianeti…. Caterina de Bono di Quiliano, si presenta spontaneamente davanti al Vicario generale della Curia Episcopale di Savona e al Priore del convento di san Domenico e si autodenuncia
“COSÌ MI SONO SPOSATA CON IL DEMONIO”
“Signori, quando io ero fanciulla di anni otto circa, stando con mio padre e mia madre al molino del quondam Christoforo Garavagno in loco detto Tre Ponti sopra la fine de Quiliano, venne in detto molino, ove ero io, una donna, nominata “lamia” (una sorta di mostro, strega) Salvagina, qual abita in detta contrata di Tre Ponti, che ora non so il suo cognome, e mi disse se volevo andar con lei che mi faria acquistare un galante e mi daria dinari, e me ne diede alquanti che non mi parsero come gli altri, e poi mi menò in un loco lontano, in un ritano dove era del aqua e vi era un noce e mi cominciò a far ballare con un giovine, che comparve ivi vestito di negro, e poi detta Salvagina mi fece montare con li piedi sopra la Croce e poi mi fece biastemare Iddio e rinegarlo, e detto giovine sonava con un tamburo, e poi detto giovine mi bassò e mi butò in terra e fece di me quello che volse, e mi fece inginocchiare e poi bassare le sue parti vergognose, e mi fece giurare sopra una cosa negra, poi detta Salvagina mi ritornò a casa et dal hora in qua ho continuato fino al presente, che sono d’anni 19 incirca et in questo tempo ho guastato da cinquanta figlioli, de quali ne sono morti quatro; di più ho guastato da otto in dieci animali e fatto negare quattro barche o sia gondole; ho fatto tempestare cinquanta volte; però ho fatto danno alla raccolta tre volte et in questo tempo ho continuato la pratica carnale con detto giovine vestito di nero, che si domanda Martino, di giorno e di notte et ancora il Venerdì Santo e prossimo, passato et anche la notte passata”. Alla richiesta che tipo di malefici usa per “guastare” le persone, Caterina risponde: ”Pigliamo delle foglie d’oliva e palma benedetta, del lilio, del aqua benedetta, sangue de vespisordi, bagii, scorpioni, cera benedetta, del orina, ossa de morti de’ figlioli picoli et animali, e le pestavamo tutte insieme in un mortaro et le portavamo con noi in una pignata, e le gettavamo adosso delle creature e animali col dire: “Possi tu morire e crepare”.
Questo il resoconto di uno degli interrogatori, tratto dal libro Manuela Saccone e Giuseppe Testa.
COME CATERINA UCCIDEVA DONNE, UOMINI E BAMBINI
Insomma Caterina ha fatto sfracelli su uomini, donne, animali e cose, ma soprattutto bambini. Sostiene di avere potere sugli elementi, di rovinare raccolti, far morire persone, uccidere gli animali. Si parte da quattro per arrivare a cinquanta. Tutto soltanto con i suoi riti infernali. A ogni interrogatorio alza il livello delle proprie prestazioni sataniche e, ad un certo punto, chiama in causa, praticamente tutto il paese, in special modo la parte femminile. Facendo l’elenco di correi e complici. Nomi che ancora oggi sono presenti nel tessuto quilianese e che se l’Inquisizione avesse dato credito a Caterina, sarebbe finita, probabilmente, con una strage.
Insomma invece che Salem della contea di Essex nel Massachusetts avrebbe potuto essere Quiliano, contado di Savona.
Caterina ha 19 anni e nel mese di maggio in cui si confessa sono 4 mesi che è sposata con Giovanni Caito di Quilianetto, nozze avvenute nel periodo di Carnevale. Il processo, o meglio l’audizione della strega ha momenti di imbarazzo e, visti con gli occhi di oggi, persino comici. A segnalare ai superiori il caso di Caterina era stato un converso, Alessio di Spezia che da circa un anno operava a Quiliano. Lui è stato il primo che, pur chiamando le gerarchie locali della Chiesa a intervenire, fa presente che le condizioni della giovane – forse – non sono del tutto normali, per cui bisogna usare prudenza.
UN PROCESSO FARSA PER NON DARE SCANDALO
Il Vicario generale della Curia Episcopale di Savona e al Priore del convento di san Domenico lo interrogano con un cliché più da commedia all’italiana che da tribunale dell’Inquisizione.
“Ci sono streghe a Quiliano?” chiedono con un tratto di mondanità
“Sì – risponde il converso -ho inteso dire che in detto loco ce ne sono”
“Da chi l’ha inteso e quante sono?”
“Questa Quaresima la moglie di Simonino Giacola che fa pane a vendere mi disse che Geronima de Geromo madre di Ottaviano Pertuso era tenuta per strega e che aveva maleficiato la nuora moglie di messer Ottaviano”.
Insomma il converso racconta che mentre era dal panettiere ha sentito dire che una suocera avrebbe fatto malefici contro la nuora che di per sé non è una novità. Né allora, né prima, né dopo…
Un processo senza nulla di credibile, non i testimoni, non la strega, neanche il contesto. Come fanno giustamente rilevare gli autori di “Caterina e le altre” l’intero paese di Quiliano tirato in ballo dalla presunta fattucchiera non ne è al corrente. Ignora quanto sta accadendo e nessuno oltre alle gerarchie della Chiesa, alla famiglia di Caterina sa nulla di concreto. Non c’è attorno alla figura di Caterina nessun sospetto, nessuna diceria, nessun fumus che in qualche modo la discrediti. Sarebbe bastato un sentire comune avverso alla donna che sarebbe stata perduta. Insomma lei si vantava di misfatti che non erano avvenuti, di connubi solo immaginati, di un ruolo che mai aveva ricoperto.
IL SILENZIO CONVIENE A TUTTI. ADDIO SABBA
L’Inquisizione savonese dichiara il non luogo a procedere. Con un però. Richiamato il converso dei Cappuccini di Quiliano e i suoi superiori imposero a tutti l’obbligo del silenzio. “Di questa cosa – venne intimato – non si deve sapere nulla e tutto deve rimanere taciuto, niente deve trapelare”. Mai in un paese un pettegolezzo, né una diceria. Il segreto rimase confinato negli atti secretati della Curia. Era interesse di tutti. Del Tribunale che aveva mandato assolta una presunta strega, dei Cappuccini che in qualche modo sarebbero risultati coinvolti. Quiliano aveva perso una strega, ma aveva acquistato una sposa che sfogato il proprio narcisismo e rientrata dalla sua allucinazione, era tornata dal marito e al torpore ipnotico della vita di paese.
Nessun pettegolezzo aveva riacceso il sabba.
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