Un antenato dell’ippopotamo pascolava dalle parti di Cadibona. Non aveva la stazza del nipote, però faceva la sua figura. È arrivato fino a noi in un letto di lignite e ora vive in un museo.
SABRINA ROSSI
“Esiste nei pressi di Cadibona, villaggio a qualche miglio sopra Savona, ai piedi della grande cresta dell’Appennino, un banco di carbone di terra dello spessore di quattro o cinque piedi… esso non presenta alcuna impronta importante di vegetale, cosa tanto rimarchevole quanto rara in questo genere di strati; contiene ossa di animali (terrestri) sconosciuti”.
Questo è quanto scriveva lo studioso naturalista francese Georges Cuvier (1769 – 1832), membro e segretario perpetuo dell’Accademia delle Scienze a Parigi, ritenuto il fondatore dell’Anatomia Comparata e della Paleontologia come scienza, a proposito dell’animale fossile cui diede il nome di Anthracotherium.
UN SEGRETO NASCOSTO NELLA LIGNITE
Basterebbe questo per definire l’importanza che ebbe la scoperta di quei resti fossili nei primi anni dell’800 nella lignite di Cadibona. Essi infatti sarebbero stati i primi reperti di quello che sarebbe divenuto un fossile guida, attraverso il quale fare correlazioni tra aree geologiche notevolmente distanti tra loro.
Negli anni successivi, si trovarono molte altre tracce di questo animale non solo nella miniera di Cadibona, ma anche in un banco di lignite a Celle Ligure ed in altre località d’Italia.
UN ANTENATO DI 50 MILIONI D’ANNI
L’Anthracotherium (termine di origine etimologica greca, che significa “Grande mammifero del carbone”) fu tra i primi mammiferi che apparvero sulla terra e appartiene al vasto ordine degli artiodattili, sottordine dei suiformi.
Vissuto tra i cinquanta e i venti milioni di anni fa, ebbe una rapida evoluzione ed una altrettanto rapida estinzione. Il suo aspetto, corpo tozzo con zampe corte, il suo habitat naturale, le zone acquitrinose con vegetazione molto fitta, la sua presenza nei sedimenti lignitici, fanno sì che lo si possa ritenere un animale erbivoro – sebbene con dentatura adatta anche ad una alimentazione di tipo onnivoro – dalle abitudini anfibie analoghe a quelle degli ippopotami. Negli esemplari più grandi poteva raggiungere l’altezza di 1,20 – 1,50 metri al garrese ed il peso di 250 chili.
Tra i resti fossili rinvenuti a Cadibona, uno in particolare aveva attirato l’attenzione del paleontologo Senofonte Squinabol che nel 1887 aveva partecipato al Congresso della Società Geologica Italiana, organizzato per l’aggiornamento della Carta Geologica delle Riviere Liguri e delle Alpi Marittime, tenuto a Savona.
JURASSIC CADIBONA, AMBIENTE IDEALE
Nel 1890 lo studioso in “Cenni preliminari su un cranio ed altre ossa di Anthracotherium Magnum Cuvier di Cadibona” scriveva: “Oltre ai tanti frammenti più o meno interessanti di Anthracotherium Magnum Cuvier, provenienti dalle ligniti di Cadibona…esiste scavato già da qualche anno, ma non noto che a pochi, e non descritto, un magnifico cranio completo di questo animale, colla mandibola inferiore, una scapola, una parte di bacino, alcune vertebre, il tutto incastrato in un grosso pezzo di molassa”, formulando poi alcune preliminari considerazioni scientifiche, con la promessa di un esame più approfondito.
In tale progettato studio, un’analisi di circa quaranta reperti pubblicata l’anno seguente, con una descrizione scientifica molto complessa e basata su considerazioni soprattutto in merito alla dentizione, lo Squinabol concluse che nel bacino di Cadibona erano presenti almeno cinque tra le nove specie conosciute di questo animale.
NEANCHE DA MORTO È RIMASTO TRANQUILLO
Il fossile, uno degli esemplari più completi e meglio conservati rinvenuti in Europa, venne custodito inizialmente al Museo del Club Alpino Savonese. Nel 1919 passò con molti altri reperti al Civico Museo di Storia Naturale di Savona, dove sarà esposto fino al 1945, anno in cui il museo viene parzialmente distrutto dai bombardamenti.
Recentemente, dopo essere stato sottoposto al restauro presso il Museo di Paleontologia dell’Università di Firenze, è ritornato al museo savonese e viene conservato in una teca di vetro in attesa, con molti altri reperti, di essere nuovamente esposto al pubblico.
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