Come era la scuola una volta? Stiamo cercando di ricostruire qual era l’atmosfera di una scuola di paese, anzi di una frazione come Cadibona, un tempo.
Ci aiuta in questo esordio Floriano Pizzo, architetto che vive un po’ a Savona e un po’ a Roma. La sua carriera lo ha condotto nell’Olimpo del design (docente di design, libero professionista e consulente per il disegno dei prodotti Voxson S.p.A Radio e Televisione), ma ha conservato la stessa curiosità di quando bambino andava a cavalcioni di una bomba inesplosa a Cadibona o rubava i fucili ai tedeschi in fuga. La sua storia in questa frazione è prevalentemente durante la guerra e subito dopo, quando sua madre, (Madre come ancora lui devotamente la cita) era una delle due maestre di Cadibona.
Floriano Pizzo oggi ci ha dedicato un po’ del suo tempo frugando nei ricordi e scrivendo per noi la storia e le vicende di quegli anni, quando a Cadibona la ferrovia non era ancora ultimata, si faceva scuola lungo lo stradone, cadevano le bombe ed era un via vai di soldati in armi. Ci racconta soprattutto quando dopo i tedeschi in fuga arrivò la San Marco e poi, finalmente, i Partigiani.
BANDIERE ROSSE E IL PRETE FERMA LA MESSA
FLORIANO PIZZO
Con l’evanescenza delle truppe tedesche, il paese venne occupato da truppe italiane generiche e
pacifiche. Non erano più sulla ferrovia. Vivevano in tende militati che io bazzicavo, ma senza interesse.
Alcuni soldati si fidanzarono con ragazze del luogo e una coppia molto carina e amica di mia Madre, si trasferì nel dopoguerra a Livorno. Poi arrivarono le San Marco-Brigate nere. Lo spirito era cambiato. C’era tensione e i soldati erano più distaccati da noi bambini. Scopersi dove erano accampati solo una sera inoltrata, quando con mia Madre e mia sorella andammo a trovare una anziana donna amica che abitava alla Torre.
Ci presentammo al pianoterra e lì c’erano accampate le San Marco. Ricordo che ci accompagnarono a una lunga scala che partiva da un grande salone pieno di soldati che ridevano e scherzavano. Fecero anche commenti su di noi, ma non li ricordo. Salimmo lo scalone che finiva nel buio e poi a tastoni arrivammo all’ultimo piano dove ci accolse con calore la nostra ospite.
I giorni si facevano più cupi. La mia maestra, nell’aula accanto alla nostra “aula-casa”, accolse un giovane squadrista con enfasi. Ci spiegò che era in vacanza premio. Ci venne presentato come un eroe. Tutti in piedi lo ammiravamo nella sua divisa col basco.
Mia Madre mi mandò dal parrucchiere, al Bricco. Ci trovai un soldato. Disse perentorio di pelarmi come Mussolini e il barbiere lo fece. Tornai a casa e mia madre… Tempo fa, passando per Cadibona mi fermai a chiedere del Barbiere. Da un finestra sopra mi rispose una giovane signora che mi disse che l’uomo era morto da poco e ora c’era suo marito, il figlio.
Le notti diventavano pericolose. Circolavano fascisti in divisa nera, diretti verso il nord, che chiedevano ospitalità ed aiuto e tutti li scaricavano con terrore.
LA FINE DELL’INVASIONE
Un carro tedesco, senza cavalli e una ruota rotta, diretto verso il nord, fu abbandonato sullo stradone al Bricco proprio davanti al Barbiere. Arrivai per primo o quasi. Dentro c’era di tutto. Molte armi e munizioni e fucili italiani. La cosa mi interessava. Poco dopo arrivarono dei giovani in borghese che mi allontanarono bruscamente. Protestai. Si portarono via tutto. Riuscii solo a riempire una cassetta di munizioni vuota con maccheroni che erano sparpagliati dappertutto e lo portai fiero a mia Madre. Ho conservato sino ad ora quella bella cassetta tedesca di colore giallo-verde insieme ad una bella pialla nuova.
Poi vennero i Partigiani che io impropriamente chiamavo “Ribelli” anche quando applaudivo al loro passaggio tra le occhiatacce di mia madre.
IN CHIESA NIENTE FALCE E MARTELLO
A una messa, in chiesa come chierichetto, assistetti a un interruzione improvvisa della Messa che si stava celebrando. Nella chiesa c’erano due o tre bare di Partigiani caduti e tantissimi loro compagni.
Il parroco don Curione si girò per una benedizione e vide al fondo tante bandiere rosse con la falce e il martello.
Interruppe la cerimonia, disse che quelle bandiere dovevano uscire, e tornò in sacrestia. Io rimasi all’altare come un bamboccio. Dopo un po’ di tempo un gruppo di Partigiani andò anch’esso in sacrestia e dopo una lunga discussione le bandiere uscirono e la cerimonia riprese.
Poi passarono, a tutta velocità e tra gli applausi, le jeep degli americani diretti a Savona.
Nel maggio del 1945 si sparse la voce di un eccidio avvenuto sopra Longagnini, lungo la Statale. Sentii che il parroco aveva ordinato ai contadini maschi presenti in zona di provvedere alla rimozione dei corpi per evitare malattie, considerato il tempo caldo in arrivo. Una notte si attese il passaggio dei morti. La luce dell’Osteria sotto il nostro balcone, piena di gente e soldati stranieri che urlavano scandalizzati, illuminava la strada. Vidi passare i carri sotto di me, a poca distanza. Si trattava di carri agricoli tipici in zona, bassi e lunghi, in castagno. I corpi erano rigidi e accatastati malamente. Andavano verso il Cimitero. La mattina dopo andai a vedere. Avevano fatto una gran buca sul fondo a sinistra del campo, sino ai muri esterni. Intravvidi strati di corpi sotto strati di calce.
In quell’anno e fino al successivo 1946 il cimitero fu oggetto di riesumazioni e spostamenti di corpi e di visite di parenti da fuori.
La mia curiosità era ostacolata dai “grandi” che di qualunque posto fossero, mi cacciavano via.
Il 1947 fu quello del mio rientro a Savona. Iniziai la 1^ media.
La scuola al tempo della guerra 3 – Fine
Le puntate precedenti:
https://www.quilianonline.it/frazioni/cadibona/la-scuola-ai-tempi-della-guerra-1/
https://www.quilianonline.it/frazioni/cadibona/lodore-della-wehrmacht/
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