Quanti mondi ci sono là fuori? Quanti mondi cambiano panorama nel corso delle ore e dei giorni? Quanti mondi si possono osservare dalla stessa finestra? Mentre scriviamo, quando il buio anticipa la notte, una pioggia sottile che si ripete a intervalli di ore, prima nella mattina e poi più tardi, sta cancellando il sangue di due giovani dalla massicciata ferroviaria che cintura il territorio di Quiliano.
Il loro sangue si stempera e scivola lungo le pietre, presto non rimarrà nessuna traccia. Ma loro sono già scomparsi da uno di quei mondi che si potevano osservare dalla finestra. Nella tarda serata hanno riempito di strazio un consiglio comunale in corso lasciando tutti sbigottiti, frastornati e increduli, hanno riempito i giornali on line del mattino, ma con il passare delle ore sono scivolati con le loro storie lontane, fra la cadenza di altre informazioni. Il calciatore che sgradisce la sconfitta, le varianti di un morbo che ormai ci riempie e ci svuota la vita, le mille banalità che ci vengono proposte perché il piatto del dolore di un lockdown sia meno indigesto. Finiti in fondo allo scroll di un giornale locale, un piccolo titolo su Repubblica, il Corriere non ne parla. Scivolati via come il sangue. Sono morti lontani, mentre lungo la massicciata speravano di raggiungere il confine, in una periferia, Quiliano, di una periferia, Savona, periferie di regioni periferiche in mondi periferici.
Vite che non fanno notizia neanche quando vengono stroncate.
Sui social il solito strazio di convenienza. L’abitudine al dolore impone grottesche condoglianze che moltissimi scrivono anche in modo sbagliato. E poi gli insulti, il sarcasmo, il piacere che qualcuno che è in fuga dalla morte, sia stato ucciso perché ha contravvenuto agli orari imposti per il coprifuoco. Come se chi sta affogando dovesse in qualche modo rispettare le regole di un mondo che regole nei suoi confronti non ha mai rispettato.
Ma questi due giovani, per quanto ancora apparentemente anonimi, per quanto virtualmente lontani e concretamente scomparsi, sono morti nostri, uccisi sotto casa, in una terra sacra, perché è la nostra terra. Ed è per quello, che chi ha anima ed etica, sente il bisogno fisico della pietà: aiutare chi è sopravvissuto, dargli conforto, rendere umano quello che la routine dei giorni e delle circostanze rende un mercato consolidato, accettato, tollerato. Il tragitto lungo la ferrovia è la carta geografica più sicura per un percorso. Pericolosa come spesso accade, faticosa perché non conosce scorciatoie, ma sicura perché a ogni capolinea ha nomi che identificano il percorso. Un modo certo per mettere più spazio fra la violenza del passato e accorciare il percorso verso la speranza.
Sono morti nostri, perché mentre in uno dei tanti mondi che in questi giorni riempiono l’orizzonte di luci colorate, ci ricordano come il mondo, in qualsiasi modo lo dipingiamo, ha poi regole che sono quelle feroci del mercato, dell’oppressione, della violenza e della prevaricazione. È legittimo cercare di fuggire ed è giusto ignorare gli orari per farlo. In questa fogna di volgarità, cattiveria, falsi moralismi, una speranza arriva da chi è genitore, madri soprattutto, che hanno tessuto un dolente e partecipe sudario di pietà e dolore, giusti raffronti fra una festa che celebra chi nasce rifiutato in una grotta e chi in una notte muore cercando di nascere in una nuova vita.
Non sono poche le persone che hanno dimostrato pietà e questo ci deve confortare ed è il segno più grande oltre al dolore, allo strazio che unisce le madri di questa nostra terra sacra alle madri lontane che forse ancora ignorano che la loro ansia, per i figli lontani, presto sarà dolore.
E questo rammarico che non si possa compiere un gesto di pietà verso chi è sopravvissuto e ha visto la morte dei propri cari (uno dei ragazzi ha assistito alla fine del proprio fratello tranciato dal treno) diventa un abbraccio solidale, nobile, che riscatta la volgarità del resto.
La notte ci ha riproposto quello che già sapevamo, correnti carsiche di disperazione, gestite da mercanti di dolore, si disperdono lungo i binari cercando la speranza. Persone che da sempre, per i luoghi in cui vivono, hanno perduto l’innocenza. E che da sempre sono abituate a convivere con la morte. Ma nonostante questo ci sono madri che invocano un gesto di pietà per chi è rimasto, perché anche se sopravvissuti, anche se formalmente contro la legge, non avranno più vita. Una parte di loro, come anche una parte di noi, è morta questa notte, sotto le luminarie di Natale.
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