ANDREA OLIVERI
A Roma, il 13 aprile 1944, la polizia fascista ferma un uomo chiamato Mario Alberti: condotto in prigione per accertamenti, scopre che sotto quel nome si nasconde in realtà Bruno Buozzi, 63 anni, sindacalista degli operai metallurgici nel 1909, segretario generale della CGdL nel 1925 e deputato socialista dal 1919 al 1926, anno in cui è costretto ad emigrare in Francia per salvare la propria incolumità; infatti, il suo nome è tra quelli di altri 123 deputati aventiniani che Mussolini aveva proclamato decaduti. Una vecchia conoscenza per il Duce Buozzi, antifascista, minacciato di morte e aggredito dai suoi squadristi nel ’24, perseguitato per essere stato tra i pochi sindacalisti a non cedere al collaborazionismo col regime, nonostante fosse stato più volte corteggiato.
Nel 1941 viene arrestato a Parigi dai tedeschi mentre è in visita dalla figlia partoriente ed estradato in Italia, dove viene inviato al confino fino alla caduta del fascismo. Nel luglio 1943 viene incaricato dal governo Badoglio di ricostruire il sindacato democratico, ma non è ancora tempo: c’è da contrastare l’occupazione di Roma da parte delle truppe tedesche, perciò a settembre Buozzi combatte agli ordini di Sandro Pertini nei primi gruppi di resistenza.
Dopo la disfatta è costretto a darsi alla clandestinità, fino alla sua cattura: sembra che essa fu resa possibile da una delazione offerta al capitano delle SS Erich Priebke per il quale Buozzi era «una preda prelibata», per il fatto che Mussolini avrebbe voluto strappare al socialista un suo avallo alla nuova legislazione sul lavoro varata della Repubblica Sociale.
La sera del 3 giugno 1944 Buozzi viene caricato su un camion tedesco con altri dodici compagni: su un camion a fianco ci sono altri 12 ostaggi. Al momento della partenza, il suo automezzo non riesce ad avviarsi per un guasto e Buozzi viene invitato a scendere, ma lui preferisce salire sul mezzo che si sta andando verso la morte e cedere il proprio posto a terra a un altro prigioniero. All’alba del 4 giugno arrivano in località La Storta dove nel pomeriggio vengono assassinati con un colpo di pistola alla testa, in una vicina valletta.
Cinque giorni dopo la sua morte, viene sottoscritto il Patto di Roma: per ricordare l’impegno di Bruno Buozzi nelle trattative che resero possibile l’accordo che decreterà la rinascita della CGIL, nel testo viene apposta la data del suo ultimo giorno di vita, 4 giugno 1944.
Bruno Buozzi (Ferrara, 1881 – Roma, 1944)
FONTI:
www.wikipedia.org
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