MARGHERITA GIALLA, L’ ORO DEI PRATI
L’erba arriva (probabilmente) da Mikonos, è una festa per gli occhi ed ha il potere di mettere in ordine lo stomaco. In cucina è una Cenerentola, ma all’occorrenza sa ravvivare tutte le insalate.
LAURA BRATTEL
NOMI COMUNI: Margherita gialla, margherita di Mikonos, fiorrancio, occhio di bue, crisantemo campestre
NOME SCIENTIFICO: Coleostephus myconis
NOME DIALETTALE QUILIANESE: margheritta giona
FAMIGLIA: Asteraceae
DESCRIZIONE DELLA SPECIE
Pianta erbacea annua, con fusto che può raggiungere il mezzo metro di altezza.
Il fusto è eretto e ramificato, e porta foglie alterne ovali di un bel verde acceso, glabre e con margine seghettato.
I capolini, solitari alla sommità dello stelo, sono larghi circa 2 o 3 cm e presentano sia fiori ligulati al margine (simili a petali), sia fiori tubulari al centro (nel cuore dell’infiorescenza). Avere fiori di due diversi tipi è caratteristica tipica delle specie afferenti alla grande famiglia delle Asteraceae, di cui anche questa margherita fa parte.
Il colore dei fiori è di un bel giallo solare acceso.
Il frutto è un achenio cilindrico munito di pappo (ciuffo sommitale).
HABITAT
Si trova nei campi coltivati e negli incolti, nei prati e nelle radure a quote relativamente modeste, di preferenza su terreni di tipo siliceo. Si tratta di entità mediterranea in senso stretto, limitata all’areale attorno alle coste del Mediterraneo.
PROPRIETÀ OFFICINALI
La margherita gialla non è apprezzata come specie officinale in tutte le Regioni italiane, ma in certe zone viene utilizzata, a livello di medicina popolare, quale insetticida, antisettico, vermifugo, e per alleviare i disordini dello stomaco.
Anche questa specie è un alimento – medicamento: insieme alle altre verdure spontanee commestibili possiede proprietà rinfrescanti, disintossicanti, leggermente diuretiche. Quindi queste erbe sono utilissime per risolvere quei piccoli malanni cronici tanto comuni che riguardano soprattutto l’apparato gastro-enterico e quello urinario. Averle introdotte nell’alimentazione testimonia un’antica sapienza nel mantenere l’organismo regolato e sano.
CURIOSITÀ E NOTIZIE STORICHE
Il nome di genere di questa pianta deriva dai termini greci κολεός (coléos), con significato di “guaina, fodero” e da στέφος (stephos), “ghirlanda, corona”, ma anche “ornamento, fregio”, probabilmente in riferimento alla forma del frutto, il cui achenio porta alla sommità una sorta di coroncina, dotata di 8 – 10 costole di canali resiniferi. Secondo alcuni il riferimento sarebbe invece alla forma del fiore: una corona dorata sostenuta da un calice inguainante.
Il nome di specie, invece, ha etimologia incerta.
Secondo il botanico francese Paul Victor Fournier, che descrisse questa specie nella sua opera “Les quatre flores de France” (“I quattro ambienti della flora di Francia”, 1934-1940), sarebbe derivato dall’isola greca di Mikonos. Dello stesso parere era il botanico francese Alexandre Étienne Guillaume, barone de Théis, che nella sua opera di etimologia botanica (“Glossaire de botanique ou dictionnaire étymologique de tous les noms et termes relatifs à cette science”, cioè “”Glossario botanico o dizionario etimologico di tutti i nomi e i termini relativi a questa scienza”), pubblicata nel 1810, sostenne che la denominazione “myconis” apposta a determinate specie fosse un’innovazione di Linneo, con riferimento all’isola greca di Mikonos, nelle Cicladi.
Secondo altri studiosi, tuttavia, tale denominazione avrebbe origine differente. Alcuni sostengono possa derivare dal nome greco del papavero (μήκων, mekon), altri sono convinti che possa trarre origine dal greco μύκης (mikes), “fungo” o da μύξα (mýxa), “muco, moccio”, forse per la resina che caratterizza l’achenio. Tuttavia queste spiegazioni non risultano del tutto convincenti.
Per la vivacità dei suoi fiori, la margherita gialla viene molto apprezzata quale fiore ornamentale, e viene raccolta per essere usata nelle infiorate, durante le processioni del Corpus Domini.
UTILIZZI IN CUCINA
L’utilizzo della margherita gialla in cucina è molto limitato nel nostro Paese.
Se ne conserva traccia in alcuni paesini dell’interno della Versilia, villaggi arroccati su colli isolati, dove il tempo pare essersi fermato. Qui la medicina e la scienza alimentare popolare, non intaccate dalla contaminazione con il mondo moderno, hanno conservato quella ricchezza di specie utilizzate quali officinali o commestibili come raramente altrove può riscontrarsi.
Tempo addietro mio fratello ebbe modo di sostare a lungo per ragioni di lavoro in una di queste borgate dimenticate dagli uomini e da Dio, e lì ebbe modo di venire a contatto con questa enorme ricchezza. Lì la margherita gialla viene raccolta in primavera, prima della fioritura, quando il fusto è ancora tenero e ricco di foglie, per mescolarla ad altre essenze spontanee più note.
Il suo sapore è dolce e pieno, delicato eppure ricco.
Anche i fiori esterni, quelli che noi chiamiamo “petali”, possono essere utilizzati, a crudo, per decorare insalate e renderle più buone ed appetitose.
I SALUTI
Con la scheda di questa settimana si chiude la prima serie delle specie spontanee commestibili, quelle che usiamo normalmente nel nostro “prebuggiùn” ligure, e il Prato di Laura entra in riposo vegetativo.
L’autunno, con le sue giornate più corte, ci costringe a rallentare i ritmi, a guardarci dentro, a sostare davanti ad un fuoco acceso per riflettere o per ascoltare vecchie storie ormai dimenticate, favole, fiabe, cronache e racconti… I fiori si spengono e sbiadiscono, le piante annuali muoiono, torneranno poi a germogliare in primavera, ma saranno già quelle della generazione successiva; le perenni entrano in letargo, momento quasi drammatico per una pianta, perché la rende fragile, esposta alle intemperie, alcune muoiono durante l’inverno, non si risveglieranno mai più…
Eppure il prato tornerà a stiracchiarsi in primavera, riapparendo nella sua veste migliore e tornando al suo rigoglio abituale, lo vedremo ancora pieno di forze e di vitalità, tanto più splendente e luminoso, con i fiori che sbocceranno punteggiandolo di mille colori accesi o delicati, con le erbe che faranno capolino qui e là, pronte a donare tutte le loro proprietà curative e i loro principi attivi e le loro virtù benefiche e salutari. E sarà ancora una festa per gli occhi e per i palati.
Io desidero ringraziare le mie meravigliose donne, mia madre Anna e mia zia Rita, che con lavoro minuzioso e paziente, sopportando le mie numerose telefonate, mi hanno aiutata a recuperare la memoria degli insegnamenti lasciati da mia nonna Tilde, loro madre.
A mia nonna devo la mia passione per il mondo vegetale, e probabilmente quella che io sono.
Ogni volta che il mio ricordo di lei ha vacillato, però, le mie donne ci sono state, e mi hanno accompagnata per mano su sentieri più volte battuti, lungo fasce trasformate dal tempo, alla riscoperta di odori rumori sapori che non sempre riuscivo ad evocare nella maniera più precisa.
Il loro lavoro di recupero sta continuando tuttora.
A loro va un grazie enorme.
E a tutti coloro che hanno avuto la bontà e la pazienza di seguirmi, chiedo di provare a camminare lentamente, con il naso all’ingiù, perché resterete sorpresi dalla varietà e dalla ricchezza della Vita che si dispiega sotto i vostri piedi.
E per ora vi saluto, dandovi appuntamento alle prossime schede, che avranno modo di essere approntate per il prossimo anno, sperando nel frattempo di confezionare un piccolo dono natalizio.
E ricordiamoci che la Natura ci fornisce sempre ciò di cui abbiamo bisogno, in ogni stagione, e non ci lascia mai soli.
Arrivederci a presto e buona vita a tutti!
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