PIANTAGGINE, ERBA TUTTOFARE
Dalla cucina (fritta in pastella), alla cosmesi (abbatte le rughe), alla farmacopea (lenisce i pruriti, cancella le punture di insetti, guarisce le ferite). Praticamente ovunque dalla tavola imbandita alla..pittura.
LAURA BRATTEL
NOMI COMUNI: Piantaggine, piantaggine lanciuola, piantaggine minore, piantaggine femmina, lanciola, orecchie d’asino, orecchie di lepre, petacciola, erba pitocchina e altri termini regionali.
NOME SCIENTIFICO: Plantago lanceolata
NOME DIALETTALE QUILIANESE: uégge de cunìggiu
FAMIGLIA: Plantaginaceae
DESCRIZIONE DELLA SPECIE
Pianta erbacea perenne con breve rizoma e radici fascicolate.
Le foglie della rosetta basale sono lunghe, dritte e lanceolate, a margine intero, generalmente glabre (prive di peli) e munite di breve e tozzo picciolo. La lamina fogliare è percorsa da cinque nervature principali parallele ben marcate.
Le infiorescenze sono portate da un lungo stelo e formano una sorta di spiga, ovale o conica, che presenta numerosi piccoli fiori strettamente appressati gli uni agli altri.
L’aspetto più caratteristico dell’infiorescenza sono i lunghi stami bianchi che formano una coroncina attorno alla spiga floreale; con l’evoluzione della fioritura essa si sposta progressivamente verso la sommità. Gli stami così lunghi e vibranti permettono alla pianta di agire con un’impollinazione anemofila, cioè affidata al vento.
I frutti sono minuscole capsule ovali di colore bruno, che contengono uno o due semini lucidi.
HABITAT
La piantaggine è specie rustica presente ovunque in tutto il nostro Paese ed altrove.
La pianta ben si adatta a qualsiasi tipo di clima e di suolo. Si tratta di una specie sinantropica, cioè abituata a vivere a stretto contatto con gli ambienti utilizzati dall’uomo. Ovviamente possiamo trovarla nei prati, nei pascoli, negli incolti, ma anche negli orti, sui bordi stradali e nelle fessure di asfalto e marciapiedi.
PROPRIETÀ OFFICINALI
Quale specie officinale la piantaggine vanta molteplici proprietà interessanti, a seconda della parte di pianta impiegata e del metodo usato per estrarne i principi medicamentosi.
Le foglie, al pari delle radici, hanno effetto antinfiammatorio sull’intestino, sia consumate lesse che in decotto, da centellinare nel corso della giornata. Oltre ad esercitare un beneficio antimicrobico, hanno anche azione astringente, e possono arrestare quindi fenomeni diarroici.
Al contrario fiori e semi, ricchi di mucillagini, svolgono un’attività lassativa delicata, permettendo all’intestino di svuotarsi dolcemente. Gli stessi possono essere altresì un utile presidio per tenere sotto controllo il colesterolo LDL, cioè il cosiddetto “colesterolo cattivo” responsabile dell’ipercolesterolemia.
L’efficacia antinfiammatoria e antibatterica della piantaggine viene sfruttata a livello farmaceutico per la produzione di sciroppi per la tosse, poiché il suo estratto risulta in grado di liberare bronchi e polmoni intasati. Svolge inoltre azione ad ampio spettro, in quanto influisce positivamente anche sull’intestino. A livello casalingo ne possiamo estrarre il succo, che mescolato con un’uguale dose di miele ci garantirà di avere a disposizione un buon sedativo per la tosse, utile per decongestionare l’apparato respiratorio.
Recenti studi sottolineano le capacità antimicrobiche della piantaggine, grazie soprattutto ad un glucoside, l’aucubina, efficace per la depurazione dell’intero organismo e per la disintossicazione del fegato in particolare.
Interessante anche la presenza di una sostanza quale l’allantoina, prodotto vegetale utilizzato in cosmesi quale ingrediente in molte creme di bellezza, poiché capace di rimuovere le cellule morte a favore di un rinnovo cellulare. Questa azione di pulizia e rigenerazione delle cellule ha effetti anti-aging e a livello casalingo può essere impiegato un impacco di foglie pestate di piantaggine come maschera di bellezza.
Ricerche mediche di laboratorio hanno pure rilevato nella piantaggine la presenza dell’acido ursolico, dai significativi effetti antinfiammatori, antiossidanti e antivirali. In vitro, la ricerca scientifica ha dimostrato che tale sostanza inibisce la proliferazione di vari tipi di cellule tumorali.
Un impacco di foglie pestate di piantaggine, infine, ha effetti reidratanti su pelli secche e disidratate, cicatrizzanti su ferite che stentano a guarire ed antipruriginosi su ponfi causati da punture d’insetto.
Il decotto di foglie trova anche impiego oftalmico.
Ricordiamoci tuttavia sempre di chiedere consiglio al proprio medico per qualsiasi trattamento di un certo impatto.
CURIOSITÀ E NOTIZIE STORICHE
Il nome scientifico Plantago deriva dalla parola latina “planta”, che indica la pianta del piede. Infatti alcune specie appartenenti a questo genere mostrano foglie basali esterne allargate ed appiattite al suolo, per cui possono assomigliare alla forma di un piede. Non a caso in inglese la Plantago major, parente stretta della nostra piantaggine lanciuola, assume il significativo nome popolare di “white man’s foot”.
Secondo alcuni studiosi tale denominazione deriverebbe invece dall’uso che ne facevano in passato i viandanti, i quali ponevano delle foglie di piantaggine sotto la pianta del piede, sulla cute lesionata dal cammino, per riceverne sollievo e permettere la cicatrizzazione delle piaghe e delle ferite.
L’appellativo specifico “lanceolata” indica invece la forma a lancia delle foglie, che si allargano leggermente al centro per terminare con una punta aguzza (dal latino “lancĕŏla”, ossia “piccola lancia”).
La piantaggine è erba talmente diffusa ovunque, da aver accompagnato il cammino dell’Uomo praticamente da sempre. In alcuni siti archeologici della Norvegia vennero effettuati rilievi stratigrafici con analisi dei pollini, e di questa specie ne furono rilevati fin dagli strati risalenti al primo Neolitico: se ne dedusse che quella zona era stata riservata al pascolo in determinate epoche preistoriche.
Plinio il Vecchio parla diffusamente della piantaggine nella sua “Naturalis Historia”: la cita quale rimedio per curare piaghe e ferite, quale calmante di prurito dovuto a punture d’insetto, e come espettorante per la cura della tosse catarrosa. Con ciò dimostra la sua preparazione e la sua accuratezza, poiché si tratta di impieghi tuttora validi e dimostrati da recenti ricerche scientifiche.
Plinio, correttamente, la descriveva inoltre come rimedio oftalmico, e la collegava alla vista sulla base di una leggenda che circolava al suo tempo. Secondo questo mito, la piantaggine sarebbe stata in origine una bella fanciulla, trasformata dagli dei in pianta per un maleficio, e condannata a trascorrere il suo tempo ai bordi delle strade, guardando costantemente i passanti alla disperata ricerca del suo amato.
Dioscoride, contemporaneo di Plinio, la consigliava per la dissenteria.
Cento anni prima di Plinio e Dioscoride, nel I secolo a.C., il medico greco Temisone di Laodicea, fondatore della Scuola Metodica di Medicina (“Methodici”) aveva addirittura dedicato un intero trattato a questa specie, il “De Plantagine”, purtroppo non pervenutoci se non in citazioni dovute ancora una volta al nostro amico Plinio.
Durante il Medioevo quest’erba era ugualmente molto apprezzata per le sue virtù officinali, in aderenza alle conoscenze dei naturalisti antichi, ma anche talvolta di natura fantasiosa. Secondo quanto riferito dalla Scuola Medica Salernitana (IX secolo), ad esempio, essa sarebbe stata in grado di impedire gli “spostamenti dell’utero”, mentre stando a quanto riporta il medico e filosofo Alberto Magno (XIII secolo) sarebbe stata un ottimo antidoto contro il veleno di scorpioni e serpenti.
Un’ultima curiosità: la piantaggine ha avuto spazio e citazioni anche nel mondo dell’Arte. La troviamo raffigurata in un quadro del pittore tedesco Albrecht Dürer intitolato “La zolla”, un acquarello risalente al 1503 che raffigura aspetti semplici eppure ricchi di straordinaria bellezza di una Natura vista dal basso. Nel primo atto della tragedia di Shakespeare “Romeo e Giulietta”, Romeo, l’infelice protagonista, la cita al cugino Benvolio quale rimedio per guarire occhi e ferite; in realtà il suo occhio, come ben osserva il cugino ed amico, è “avvelenato dall’amore” e le sue sono ferite nel profondo del cuore, perciò ineluttabilmente incurabili. “Via, Romeo, sei pazzo?”, risponde stupito Benvolio: per curare le pene d’amore purtroppo le erbe non bastano…
UTILIZZI IN CUCINA
La piantaggine rientra nella miscelllanea di erbe selvatiche del “prebuggiùn” ligure solo marginalmente, in quanto se ne raccoglie e se ne mescola poca nel misto di erbe. A torto o a ragione è considerata dai Liguri erba poco saporita e fibrosa, tuttavia abbiamo già parlato dei benefici della fibra nella scorsa scheda dedicata al radicchio selvatico.
A crudo, si possono mescolare alle insalate alcune delle foglioline più tenere della rosetta, prendendole nel punto centrale prima della fioritura, mentre si possono raccogliere ed impiegare le foglie adulte più belle e meno coriacee per lessarle insieme alle altre verdure spontanee. Se ne possono fare zuppe, ripieni, frittate, polpette e quant’altro.
Ottimi sono i fiori ripassati in pastella e fritti, secondo l’uso dei tradizionali “frisceu” di tradizione nostrana.
LA RICETTA
Riguardo gli usi culinari di questa verdura spontanea, rimanderei alle ricette che vedono protagoniste le miscele di erbe di campo commestibili già descritte nelle schede precedenti.
Proporrei invece ai lettori le antiche e sempre valide ricette del buon Plinio, che pur essendo vissuto duemila anni fa (23 – 79 d.C.) a quanto pare sulla piantaggine la sapeva già lunga.
Le ricette sono tratte dai vari libri della “Naturalis Historia”, rivisitate e corrette in chiave moderna (il naturalista comasco enumerava molti più impieghi, ma per ragioni di spazio mi limiterò a citare i più importanti ed ancora attuali).
Tisana per calmare la tosse e sciogliere il catarro
Preparare un infuso di piantaggine ponendo un cucchiaio di foglie essiccate della pianta in una tazza di acqua bollente; lasciare in infusione per 10 minuti circa, filtrare e dolcificare con miele.
Bere più volte al giorno lontano dai pasti.
Rimedio cicatrizzante per ferite
Preparare un infuso come descritto sopra, e porre delle piccole garze o bende imbevute in tale preparato sulla zona da trattare.
Lo stesso rimedio può essere usato su foruncoli, punture d’insetto, scottature ed eruzioni cutanee.
Ugualmente, il preparato opportunamente raffreddato può essere utilizzato per fare sciacqui e gargarismi in caso di mal di gola o stati infiammatori di bocca o gengive.
Rimedio di emergenza per punture d’insetto
Nel caso in cui ci si trovi in campagna e si venga punti da un insetto, per tamponare il dolore ed attenuare il prurito si possono prelevare un paio di foglie di piantaggine e sbriciolarle, ottenendone una sorta di impiastro da applicare sulla parte dolente.
Questo rimedio è efficace nei confronti del dolore e del prurito e si può usare in caso di punture di vespa, ape, zanzara o irritazioni dovute ad ortica.
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