Lo scorso 25 ottobre 2021 è ricorso il primo Centenario dell’esplosione del Forte Sant’Elena, passata tristemente alla storia come “Il disastro del forte Sant’Elena”.
CHRISTIAN ALPINO
Il boato dell’esplosione fu sentito a Genova e a Montezemolo (in provincia di Cuneo), nella piana di Albenga ed in tutta la Val Bormida. Sulla spiaggia sottostante fu ritrovata la pesante piattaforma di un obice da 280 GRC\ReT del forte. La cupola corazzata del telemetro fu scagliata invece in una strada a Bergeggi. Sia la Chiesa Parrocchiale sia l’Oratorio di Bergeggi ebbero il tetto sfondato, ed il pavimento della Chiesa sprofondò. Praticamente tutte le case di Bergeggi furono scoperchiate del tetto. L’onda d’urto dell’esplosione mandò in frantumi tutti i vetri delle finestre di Bergeggi, Vado Ligure e Quiliano.
Furono rinvenute le carcasse di diversi animali domestici, morti a causa della pioggia di detriti, tra cui una mucca col suo vitellino (ritrovato in cima ad un albero), oppure a causa dello spavento, come ad esempio molte galline a Quiliano. L’esplosione portò sconquasso nei locali della Cooperativa Agricola di Valleggia: fu quindi necessario rimettere ordine alle merci custodite al suo interno. L’esplosione provocò un cratere di 15mila metri cubi, lì dove si trovava il forte Sant’Elena, modificando per sempre la forma della collina. Per tutta la notte, sul posto accorsero soccorritori: militari, carabinieri (tra cui quelli di Noli) , pompieri, pubbliche assistenze, guardie regie e di Finanza, semplici volontari. Il mattino dopo, si presentò una desolata visione di morte e distruzione: la verde collina coltivata ad ulivi era bruciata e brulla, annerita dalla cenere, le case devastate, molti i morti e le carcasse di animali.
LA CAUSE DELL’INCENDIO
Il forte Sant’Elena di Bergeggi, edificato attorno al 1887, era una batteria da difesa costiera, armata con 6 obici da 280 GRC\RET (la sigla significa: 280 millimetri di calibro, e che la canna era in Ghisa Rigata e Cerchiata, e che il pezzo d’artiglieria era a RETrocarica). Questo forte doveva difendere il tratto di mare compreso tra Vado Ligure, Bergeggi, Spotorno e Noli, ed incrociava il fuoco delle sue artiglierie con quello delle batterie costiere di Capo Vado a Vado Ligure, Nostra Signora del Monte a Legino, ed infine Nostra Signora degli Angeli a Savona.
Una forte siccità aveva colpito Bergeggi e zone limitrofe durante i sei mesi precedenti l’esplosione. Aiutati da questa siccità, diversi incendi scoppiarono nel savonese: stranamente tutti nei pressi e nelle vicinanze delle fortificazioni savonesi (Madonna del Monte, Madonna degli Angeli, Ciuto). La popolazione era preoccupata poiché le fortificazioni (tutte di fine ottocento) dal 1913 circa erano utilizzate come depositi di munizioni ed esplosivi militari, perciò il rischio di una tragedia era elevatissimo. Le autorità civili chiesero infatti all’Esercito di evacuare le munizioni. Gli stessi militari di stanza al Forte Sant’Elena, artiglieri del 26° Reggimento Artiglieria da Costa, segnalarono più volte la pericolosità del deposito, già strabordante di esplosivi. Nonostante ciò l’autorità militare di Roma continuava ad inviare sul posto enormi quantitativi di munizioni ed esplosivi vari.
Una volta completamente stipata la polveriera del forte Sant’Elena, sita ad 11 metri sottoterra, e tutti i locali originariamente destinati a magazzini e casermaggio, fu completamente riempita anche la Batteria di San Sebastiano (conosciuta come Batteria di Capo Vado). Poiché tutto ciò non bastava ad accogliere tutte le polveri e gli esplosivi inviati in maniera continuativa, all’interno del forte Sant’Elena, e più precisamente tutt’attorno al piazzale principale del forte, furono qui installate ben dieci baracche di legno e rivestite di stuoie di legno incatramato: in nove di esse fu depositato materiale esplodente, nello specifico polveri nitro-composte quali balistite, acido picrico e tritolo. La decima baracca era adibita a posto di sorveglianza del deposito: qui perciò stazionava la sentinella.
UNA SERIE INQUIETANTE DI ROGHI
Riguardo i suddetti incendi, essi divampavano con una inquietante cadenza di circa 15 giorni l’uno dall’altro. Don Tommaso Vigo, parroco di Bergeggi, nei sei mesi precedenti l’esplosione ne contò almeno cinque. Basti ricordare i due incendi più gravi e pericolosi: quello dell’agosto 1920 e quello del 2 ottobre 1921, ventitré giorni prima della sciagura, improvvisamente manifestatosi tra la stazione ferroviaria di Bergeggi e la cava, e che arrivò a pochi metri dalle mura della Batteria di San Sebastiano, vicinissima al forte Sant’Elena.
Uno di questi incendi bruciava da alcuni giorno i boschi sul versante di Vado Ligure, ma fu a più riprese domato dalla popolazione.
Attorno alle ore 18.50 del 25 ottobre 1921, quest’incendio incendiò i boschi alla base del Monte Sant’Elena, dirigendosi verso la cima del monte.
A causa del vento molto forte, attorno alle ore 20.00 le fiamme dell’incendio assunsero dimensioni catastrofiche, raggiungendo Bergeggi ed avvicinandosi pericolosamente al Forte Sant’Elena. Don Tommaso Vigo, parroco di Bergeggi, suonò le campane a martello e tutti gli uomini validi di Bergeggi diedero una mano nel cercare di allontanare le fiamme dalle abitazioni. Molti degli uomini validi si diressero verso il forte al fine di aiutare i 7 militari in servizio, comandati dal maresciallo Pietro Baldini, ad allontanare le fiamme dal forte stesso.
LE ORE DEL DRAMMA
Il Comando Stazione Carabinieri di Vado Ligure, resosi immediatamente conto del grave ed imminente pericolo, telefonarono subito al Comando di Presidio Militare di Savona, richiedendo urgentemente l’invio a Bergeggi di uomini e mezzi: per ben due volte ricevettero risposta negativa. Telefonarono inoltre ai Civici Pompieri di Savona: ad un primo rifiuto imposero di intervenire, perciò i pompieri disposero l’invio di un’autopompa.
Nel frattempo, alcuni carabinieri furono inviati in supporto al Forte Sant’Elena, mentre circa 15 carabinieri, guidati da due persone del posto, furono inviati in soccorso alla Batteria di San Sebastiano (la Batteria “di Capo Vado”) con il compito di fermare l’avanzata dell’incendio in quel punto e scongiurare il pericolo di una esplosione che sarebbe stata devastante per Vado Ligure (questo forte è infatti sul versante vadese del monte Sant’Elena). Inoltre un carabiniere fu inviato allo Stabilimento delle Ferrotaie di Vado Ligure, ove 100 dipendenti erano qui in servizio di pubblica sicurezza, al fine di mobilitarli allo spegnimento dell’incendio: da essi fu risposto che senza ordini superiori non potevano abbandonare il loro posto.
Intanto alle ore 21 il fuoco aveva già completamente invaso il forte Sant’Elena: le dieci baracche di legno contenenti le polveri nitrocomposte ardevano completamente, ed il bagliore luminoso sprigionatosi pare che si vedesse fino a 100 km di distanza.
Verso le 21.30 il maresciallo Pietro Baldini, comandante del Forte Sant’Elena, constatando che la tragedia fosse ormai imminente, ordinò ai suoi militari di fuggire. Scappando, i militari diedero l’allarme in paese a Bergeggi. Molti abitanti quindi fuggirono verso Vado Ligure e Spotorno. Solo verso le 21.45 da Savona giunse sul posto un drappello di 25 militari, comandati da un caporal maggiore: non riuscirono però ad arrivare al forte perché questo esplose e molti di loro rimasero feriti.
Alle ore 21.56, la tragedia. Per sei lunghi minuti fu l’inferno. Tutti videro una luminosissima fiammata seguita da un boato fortissimo. Il parroco don Vigo ed un’abitante di Bergeggi dissero di aver sentito due boati, mentre in un articolo di giornale dell’epoca si legge che “un immenso boato sorse dalle viscere della terra”.
Venne improvvisamente buio e la pioggia di detriti di quello che fu il forte Sant’Elena durò per ben venti minuti. Secondo la versione ufficiale esplosero due baraccamenti in pietra al centro del piazzale del forte, contenenti circa 18 tonnellate di polveri, principalmente dinamite. Don Tommaso Vigo, seppur ferito, coordinò i soccorsi: chiese ai Carabinieri e ad un capitano dei Bersaglieri, giunto in soccorso con tutta la sua Compagnia, di presidiare le uniche tre case rimaste quasi in piedi per evitare sciacallaggi; indirizzò i militari ed i soccorritori; scavò lui stesso a mani nude per estrarre vivi i feriti seppelliti dalle macerie e per consolare i morenti. Solamente quando fu sicuro che tutti i superstiti fossero stati estratti vivi dalle macerie, ovvero il mattino seguente, si fece portare all’ospedale di Savona per farsi medicare.
I DATI DI UNA TRAGEDIA
A Bergeggi morirono 20 persone: 18 civili, quasi tutti di Bergeggi, tra cui l’ avvocato Millelire ed il dottor De Negri, ed un forestiero unica vittima non identificata. Esempio di estremo attaccamento al proprio dovere, fu quello del maresciallo Pietro Baldini, comandante del Forte Sant’Elena, il quale scelse di rimanere al proprio posto nonostante l’imminente e devastante pericolo, e fu infatti una delle prime vittime. Di tutti gli altri artiglieri che prestavano servizio al Forte, si è persa ogni traccia. 350 furono i feriti, la maggior parte a Bergeggi, di cui almeno 120 gravissimi. 2 guardie daziarie rimasero ferite a Zinola, a ben 7 km di distanza, ed una contadina morì a Spotorno. Della famiglia Picasso, si salvò solo il padre e marito, il quale pianse la moglie Cattarina, di soli 32 anni, ed i figli Simone di 9 anni, Francesco di 2 anni, e Giobatta, di soli 5 mesi (la vittima più giovane). La famiglia Rovere invece ebbe 3 morti. La vittima più anziana aveva 82 anni. Era Maddalena Ferrari, la quale morì assieme ai suoi familiari: Linda, 20 anni, e Pasquale, 52 anni.
Numerose furono le sottoscrizioni popolari per la ricostruzione di Bergeggi. Il Comune di Genova stanziò la cifra di 50000 lire mentre il Comune di Quiliano 2000 lire. Il Governo invece stanziò un milione di lire. I fondi economici però arrivarono a Bergeggi solo dopo l’esplosione del Forte Falconara a La Spezia, avvenuta il 28 settembre 1922, che provocò ben 144 vittime e la distruzione di Lerici, San Terenzo e paesi limitrofi.
L’associazione di Volontariato Storico Sociale Culturale “L’Izua” di Bergeggi e l’autore, con il patrocinio del Comune di Bergeggi, sabato 23 ottobre 2021 hanno organizzato una passeggiata commemorativa a Bergeggi, sui luoghi del disastro.
BIBLIOGRAFIA
- Christian Alpino, Il forte Sant’Elena di Bergeggi, pubblicato con il contributo de L’Izua, Associazione di Volontariato Storico Sociale Culturale Bergeggina, 2021
- Comitato d’azione pro risarcimento ai danneggiati di Bergeggi, Noli, Spotorno, Vado Ligure, La responsabilità governativa nello scoppio del Forte Sant’Elena, 25 ottobre 1921. Memoriale a cura del Comitato d’Azione, tipografia V. Paggi, Vado Ligure, 1922
- Aa.VV., La notte di Bergeggi, 1991
- Minola M., Ronco B., Castelli e fortezze di Liguria. Un affascinante viaggio tra storia e architettura, Edizioni Servizi Editoriali, Genova, 2006.
- Ferretti A., Bergeggi nel cuore, Marco Sabatelli Editore, Savona, 2013, pp. 88-93
- Com’è crollato il villaggio di Bergeggi, La Stampa, 27 ottobre 1921.
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