La vicenda umana e politica di Enrico Berlinguer, all’insegna del dialogo e dell’antifascismo, in difesa di lavoro e democrazia, sempre dalla parte della gente.
ANDREA OLIVERI
“Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda…dialogando”: stava pronunciando queste parole Enrico Berlinguer sul palco del suo comizio a Padova il 7 giugno 1984, prima di essere colpito da ictus. Compagni e lavoro, le parole chiave che, accanto a ideali come antifascismo, democrazia, giustizia e onestà sotto intesero la sua carriera politica e la sua vita: nato a Sassari nel 1922, a ventuno anni la sua iscrizione al Partito Comunista lo porta in breve tempo alla segreteria del partito come responsabile della sezione esteri e, dieci anni dopo, all’elezione come segretario generale, ruolo che svolse con determinazione e serietà fino alla fine, finché ne ebbe la forza.
Schierato da sempre dalla parte della gente, dotato di empatia, realismo e di un’integrità morale impensabili per i politici di oggi, Berlinguer divenne per questo l’esponente del Partito Comunista Italiano più amato dai propri sostenitori e il più rispettato dagli avversari.
Rigore morale come prima ed essenziale qualità di un politico: questo il suo pensiero riguardo le modalità di gestione del potere da parte dei partiti: “Dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico” affermò, smarcandosi tra i tanti suoi colleghi che miravano “al potere per il potere” e che avevano dimenticato l’obiettivo più importante per chi fa politica, ovvero garantire la volontà del popolo italiano. Per Berlinguer questa veniva prima di tutto, perciò – pur rimanendo fedele al suo credo – non fu mai divisivo all’interno del suo schieramento, anzi, si rivelò aperto al dialogo e alla collaborazione tra le forze popolari comuniste e socialiste con quelle d’altra ispirazione cattolica o democratica, a condizione che rappresentassero il volere della gente; questa la visione alla base del ‘compromesso storico’ che tentò di realizzare tra il 1973 e il 1977 con Aldo Moro, volto a dare all’Italia una via di sviluppo economico, di rinnovamento sociale e di progresso democratico. Nello stesso periodo guidò il PCI allo strappo con l’Unione Sovietica, rea di non garantire il pieno esercizio delle libertà ai cittadini; e lo fece coerentemente col fine ultimo della sua lotta, ovvero la realizzazione di una società socialista garante non solo di tutte le libertà personali e collettive, civili e religiose, ma anche del pluralismo della vita sociale, culturale, ideale e politica. Una società ben diversa da quella capitalistica, destinata a causare solo grave disparità sociale e un enorme spreco di ricchezza.
Come ogni politico illuminato, Enrico Berlinguer seppe parlare con franchezza a tutti gli strati della popolazione italiana, ma riuscì a farlo con particolare intensità alle fasce giovani: lui, che in gioventù aveva riorganizzato la Federazione Giovanile Comunista Italiana, era solito esortarli allo studio, a lottare a fianco di lavoratori e oppressi, a ribellarsi contro un mondo governato da privilegio e ingiustizia. Giovani e lavoratori che affollavano i suoi comizi e che erano presenti anche durante quello in Piazza della Frutta, quando venne colto da malore; incurante delle conseguenze, Berlinguer andò comunque avanti nel suo discorso, nonostante la folla, vedendolo provato, aveva iniziato ad urlare ‘Basta Enrico!’, come a voler preservare più l’uomo che il politico. Enrico portò comunque a termine la sua missione, ma morì quattro giorni dopo per emorragia celebrale, all’ospedale Giustinianeo di Padova, vegliato da Sandro Pertini che fece trasportare la salma sull’aereo presidenziale: “Lo porto via come un amico fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta” ebbe a dire il Presidente, affranto e conscio che da quel momento in poi la politica non sarebbe più stata la stessa. Il 13 giugno 1984, al funerale di Enrico Berlinguer a Roma partecipò circa un milione di persone: militanti, lavoratori, oppositori politici, senza distinzione di ceto o colore politico, a testimonianza dell’ammirazione e dell’affetto popolare di cui godeva.
Sull’onda emotiva determinata dalla sua scomparsa, il PCI s’impose alle elezioni europee di quell’anno come primo partito italiano, superando, per la prima e unica volta nella storia, la DC:
Berlinguer aveva dunque fatto il miracolo e aveva regalato all’Italia l’esempio di una vita spesa in nome della democrazia e del popolo italiano, convinto che “Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno”.
Enrico Berlinguer (Sassari, 1922 – Padova, 1984)
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